Christine, dall’incubo in Togo alla nuova vita al Trionfale

Laureata, gestiva un negozio con la madre; poi è stata catturata dall’esercito e torturata. Accolta a San Giuseppe, oggi lavora come cameriera

Laureata, gestiva un negozio con la madre, nel suo Paese era stata catturata dall’esercito e torturata. Accolta a San Giuseppe, oggi lavora come cameriera

«Sto provando a essere felice, sogno solo la pace nel cuore». Christine, 39 anni, del Togo, è una rifugiata che fino a qualche settimana fa è stata, per un intero anno, ospite della parrocchia di San Giuseppe al Trionfale. Ora ha trovato lavoro come cameriera e può permettersi una stanza in affitto in un appartamento, dando così la possibilità ad altre richiedenti asilo di prendere il suo posto in parrocchia. Ha lasciato il Togo nel 2013 quando è riuscita a scappare dall’esercito che la teneva prigioniera. Nel suo Paese vivono ancora la madre e due fratelli. Del padre, un uomo politico, non si hanno notizie dal 2005. «Quando è morto l’ex presidente Grassingbé Eyadéma, nel 2005, è salito al potere il figlio Faure Eyadéma e sono iniziati i problemi – ha raccontato -. Mio padre è scomparso e anni dopo io sono stata catturata dall’esercito e torturata, convinti che conoscessi segreti politici. Nel 2013 sono riuscita a fuggire e sono arrivata in Italia mentre mia madre e i miei fratelli si sono rifugiati in una regione vicina. Vivono nascosti perché hanno paura di ritorsioni».

Christine, laureata in Economia e commercio, oltre a essere programmatore informatico, con la madre gestiva un negozio all’interno di un centro commerciale dato poi alle fiamme perché molti dei dipendenti e proprietari degli esercizi erano parenti di politici dell’opposizione. Le piace vivere a Roma: «In tanti mi sono stati vicino e mi hanno aiutata a integrarmi – ha aggiunto -; oggi sono molto più forte di prima, chi mi circonda mi ha insegnato ad avere sempre coraggio per affrontare qualsiasi situazione. Sono contenta di aver trovato un lavoro per non dover sempre dipendere dagli altri. Ogni giorno sono un po’ più felice». Nonostante ciò, alla domanda specifica, non nasconde la malinconia e la voglia di tornare nel suo Paese: «A casa mia stavo bene, lavoravo, avevo un buono stipendio, conducevo una vita serena, avevo l’affetto della mia famiglia. Se la mia vita non fosse stata in serio pericolo non sarei mai partita».

La notte di Pasqua, al termine del cammino di catecumenato, è stata battezzata e ha ricevuto i sacramenti di comunione e cresima. «È stata una decisione che ha preso di sua spontanea volontà – spiega il parroco, padre Wladimiro Bogoni -. Noi siamo felici di poter offrire questo servizio perché è la conferma che la carità arriva al cuore ed evangelizza, è la vera testimonianza. Con le nostre ospiti facciamo un lavoro serio e severo di integrazione perché non vogliamo fornire semplice assistenzialismo». Giovanna, una delle volontarie che ha seguito Christine fin dal suo arrivo, descrive commossa i cambiamenti che ha notato nella giovane: «Vedere con quanta forza e coraggio si è risollevata ed è tornata a sperare nel futuro, ti ripaga e ti insegna davvero tanto».

Ora in parrocchia vivono Gloria, 34 anni, del Benin, e Rashida, 28 anni, dell’Uganda. Sono arrivate a fine aprile e anche loro saranno ospiti per un anno, durante il quale verranno aiutate a trovare un lavoro per guadagnare la loro indipendenza.

19 giugno 2017