«Chiara insegna che la santità è una via possibile»

Conclusa nella basilica lateranense con il vicegerente Reina la fase diocesana della causa di canonizzazione della giovane mamma romana morta nel 2012. La testimonianza del marito

«Impegniamoci a imitare Chiara perché tutti siamo chiamati alla santità nella vita di tutti i giorni, nelle difficoltà, nei problemi, nelle malattie. Insieme a una infinita schiera di uomini e di donne, Chiara ci insegna che la santità è una via possibile, l’unica che ci rende felici». Con queste parole il vescovo Baldo Reina, vicegerente della diocesi di Roma, ha dato inizio venerdì mattina alla sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana “sulla vita, le virtù, la fama di santità e dei segni” della Serva di Dio Chiara Corbella, laica, madre di famiglia, figlia della «Chiesa di Roma». In sostanza, la fase diocesana della causa di beatificazione.

Centinaia le persone presenti nella basilica di San Giovanni in Laterano dove l’inchiesta diocesana è stata aperta sei anni fa, il 21 settembre 2018. «Un tempo non troppo lungo e non troppo breve, ma adeguato», ha osservato il vescovo, spiegando che mentre il Tribunale conduceva il proprio lavoro di raccolta dei documenti e delle testimonianze, in Italia e nel mondo continuava «a diffondersi la fama di santità che si era già manifestata nei riguardi della Serva di Dio mentre era in vita e più prepotentemente in morte, il 13 giugno 2012».

chiara corbella, chiusura della fase diocesana della causa di canonizzazione, 21 giugno 2024Presenti al rito i genitori di Chiara, Roberto Corbella e Maria Anselma Ruzziconi, la sorella Elisa, il marito Enrico Petrillo e il figlio Francesco, attorniati dagli amici della giovane mamma, morta a soli 28 anni. Chiara ed Enrico si sposarono il 21 settembre 2008. Insieme affrontarono la morte di due figli, Maria Grazia Letizia e Davide Giovanni, poco dopo la nascita. Nel 2010 concepirono Francesco e al quinto mese di gravidanza Chiara scoprì di avere un carcinoma ma decise di rinviare le cure che avrebbero danneggiato il bambino, nato poi in perfetta salute il 30 maggio 2011. Solo dopo il parto si sottopose all’intervento chirurgico e ai cicli di chemio e radioterapia ma il male si era diffuso.

«Se fosse letta con una logica puramente umana, la vicenda di Chiara sarebbe assimilabile a una tragedia», ha detto il vicegerente rilevando una analogia tra la storia della donna e quella di Giobbe perché anche Chiara è riuscita a rispondere alle tante prove della vita con «chiari segni di risurrezione, segni di appartenenza di Cristo». Nella sua giovane età come è riuscita Chiara ad essere testimone della vita nonostante le grandi sofferenze? Come è riuscita a mantenere il sorriso luminoso «sul volto offeso dalla malattia?». Si è aggrappata alla Parola di Dio abbandonandosi al suo volere, ha spiegato il vescovo, sottolineando che «ogni autentico discepolo di Gesù è tale perché si mette in ascolto della sua Parola e le presta obbedienza».

Durante l’inchiesta del Tribunale diocesano è emerso che la Serva di Dio era legata a varie espressioni della Parola di Dio dalle quali «attingeva forza e sapienza per comprendere il mistero della sua persona nel piano del Padre». È grazie a questa fede granitica che Chiara comprende e accetta che «il suo desiderio di essere moglie e madre, di invecchiare insieme allo sposo e crescere i propri figli, non si realizzerà secondo le sue umane aspirazioni – le parole di Reina – ma nella misura e nel modo che Dio ha pensato e senza privarla della sua felicità».

Per il presule, l’uomo moderno sembra concentrarsi sempre più sulle realtà terrene, materiali e tangibili, limitando la propria visione del mondo a ciò che è immediatamente percepibile. «Non viene però meno l’anelito all’infinito – ha detto – e si avverte con sempre maggiore nostalgia la necessità di segni che aiutino gli uomini a ricordarsi che il loro orizzonte non è la terra, ma il cielo. Confidiamo vivamente che la Chiesa, dopo attento e accurato discernimento della vita e delle virtù, voglia presto glorificare anche in terra questa figlia della nostra Chiesa di Roma e proporla come esempio di vita cristiana alle contemporanee generazioni cristiane».

La storia di Chiara Corbella Petrillo, intrisa di amore, di speranza e di una profonda fiducia nel Signore, ha insegnato al marito Enrico Petrillo due caratteristiche di Dio. «Ho imparato che Dio è felice perché l’amore non delude – ha detto – e poi che Dio è dolce», proprio come Chiara definì il suo “giogo”. Quella di venerdì è stata «una giornata di festa per tutta la Chiesa», ha detto l’uomo accompagnato dal figlio Francesco. Si è detto «molto contento» riconoscendo che la chiusura della fase diocesana della causa è stata possibile «grazie a un popolo di Dio che ama Chiara. È un piccolo passo ma senza questo non potranno essercene altri, forse più grandi e più belli. Il Re della storia sta andando avanti con la sua opera che procede nonostante noi». Pensando alla moglie, ha immaginato che anche lei «stia ridendo e gioendo dal cielo come tutti noi». Francesco, che ha da poco compiuto 13 anni, «capisce che è parte di qualcosa di grande – prosegue Enrico -, si meraviglia, come noi, di qualcosa che non gli appartiene e spero possa sempre più comprendere il dono della vita che ha ricevuto da Dio».

21 giugno 2024