“Champions with refugees”, in campo alle Tre Fontane

L’iniziativa promossa dall’Agenzia Onu per i rifugiati. Protagonisti: i minori stranieri non accompagnati accolti nella Città dei Ragazzi e una selezione di campioni. Per informare e sensibilizzare

Provengono dal Mali, dal Gambia, dal Senegal, dalla Costa d’Avorio, dal Camerun. Hanno vissuto il dramma della fuga dal loro Paese, sradicati dalle famiglie, vittime di ogni genere di violenze. E qui hanno trovato qualcuno disposto ad accoglierli e a occuparsi di loro. Sono 20 giovani rifugiati e richiedenti asilo ospitati nella “Città dei Ragazzi” che sabato 23 giugno alle 17.30 parteciperanno a una partita di calcio speciale: la sfida “Champions with refugees” nello stadio delle Tre Fontane. Affronteranno una selezione di stelle tra cui Damiano Tommasi, Simone Perrotta, Vincent Candela, Giuseppe Giannini, Bruno Giordano, Cristiano Bergodi, Patrizia Panico, Katia Serra, Fabio Petruzzi, Giuliano Giannichedda, Stefano Fiore. Promossa dall’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), la partita ha come scopo sensibilizzare l’opinione pubblica sui rifugiati in Italia e sui motivi che li costringono a fuggire dal proprio Paese, riconoscendo il ruolo chiave dello sport come strumento di aggregazione e integrazione.

«Sono tutti minori stranieri non accompagnati – spiega Carmine Chirico Pisacane, per oltre 20 anni direttore educativo della “Città dei Ragazzi” e ora responsabile della segreteria di presidenza -. Si sono conquistati il diritto di giocare questa partita speciale perché lo scorso 21 maggio hanno vinto ai rigori il Torneo dell’Amicizia, organizzato dal Coni Lazio. Così oltre alla coppa e alla soddisfazione di aver giocato in una cornice prestigiosa come quella dell’Olimpico, avranno l’opportunità di partecipare da protagonisti a questa giornata di sport e spettacolo che vuole mettere i rifugiati al centro dell’attenzione».

Chi sono questi ragazzi? «Alle spalle hanno storie drammatiche – racconta Pisacane -. Molti hanno visto la morte in faccia, hanno visto morire amici che non ce l’hanno fatta, hanno subito violenze fisiche e non solo. Spesso l’opinione pubblica pensa che siano fandonie, purtroppo loro sono lì a dimostrare che non è così. Per questo sono anche seguiti a livello psicologico, per aiutarli a superare i momenti in cui i ricordi riaffiorano e fanno male. Hanno dovuto abbandonare le famiglie, di cui spesso non hanno più alcuna notizia, sono scappati a causa delle persecuzioni, per motivi religiosi o politici, spesso sono stati costretti ad assistere a violenze disumane sui loro cari. Dispiace che molti non si rendano conto di tutto ciò. Ma questo non ci fa demordere dalla nostra “mission”. Quest’anno la Città dei Ragazzi celebra il 65° anniversario e malgrado non sia facile portare avanti una fondazione del genere, confidiamo nell’aiuto di tante persone e della Divina Provvidenza».

Qual è il percorso di questi giovani? «Siamo una struttura di seconda accoglienza -– spiega ancora Pisacane -, in cui vivono un’esperienza comunitaria e apprendono la lingua italiana, seguono un iter di formazione professionale, dove è possibile ottengono il diploma di terza media. Poi attiviamo laboratori in cui imparano un mestiere nel settore della ristorazione, come panificatori, pasticceri, pizzaioli, nella falegnameria, nella cura del verde. Hanno un’età media di 16 anni e restano fino al compimento dei 18. In questo momento abbiamo una quarantina di ragazzi e possiamo ospitarne fino a 60. Molti di loro, tra cui alcuni componenti della squadra, pur avendo superato i 18 anni hanno ottenuto una breve proroga a causa delle lungaggini burocratiche in attesa del permesso di soggiorno o del riconoscimento dello status di rifugiato. L’obiettivo – conclude Pisacane – è renderli autonomi, con tirocini formativi e lavorativi che gli consentano la migliore inclusione sociale possibile».

22 giugno 2018