Centro Italia: i detenuti al lavoro nei cantieri del sisma del 2016

Firmato, al ministero della Giustizia, l’accordo con commissario straordinario alla ricostruzione, Cei e Anci. Interessate 5mila opere pubbliche e 2.500 chiese danneggiate

I detenuti in 35 istituti del Centro Italia – dislocati in 10 province tra Abbruzzo, Lazio,  Molise, Marche e Umbria – potranno lavorare nei cantieri di oltre 5mila opere di ricostruzione pubblica e in quelli di 2.500 chiese danneggiate dal terremoto 2016. È quanto stabilisce il protocollo siglato oggi, 19 ottobre, nella sede del ministero della Giustizia tra il ministro Marta Cartabia, il commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini, il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, il presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, Enzo Bianco e il vicepresidente Ance con delega per la ricostruzione del Centro Italia Piero Petrucco. Presente anche il capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, Carlo Renoldi. L’obiettivo, spiegano in un comunicato congiunto, è quello di «aumentare le opportunità di lavoro, strumento indispensabile per il pieno reinserimento sociale, di chi sta scontando una pena detentiva. Il numero dei detenuti coinvolti dipenderà dal programma dei lavori e dai cantieri individuati. Le modalità di inserimento lavorativo verranno definite in base ai profili dei singoli detenuti e alle esigenze delle aziende».

Il raccordo delle attività, si legge ancora nel testo, spetterà al commissario straordinario mentre «il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria individuerà gli idonei e favorirà il loro inserimento in cantieri vicini alle strutture detentive, in accordo con la magistratura di sorveglianza». E ancora: «La Cei promuoverà, presso le imprese impegnate nella ricostruzione degli edifici di culto, l’utilizzo di manodopera da parte dei detenuti valutati idonei. Ance diffonderà alle proprie strutture territoriali e, per il loro tramite, anche agli enti bilaterali del sistema, i contenuti del Protocollo; allo stesso modo, anche Anci nei Comuni che ospitano strutture penitenziarie». Con il Protocollo viene definito anche un Comitato paritetico di gestione, composto dai rappresentanti dei firmatari, che sarà istituto entro 15 giorni, «con il compito di promuovere e monitorare le attività previste dal documento e di coordinare le azioni degli enti e dei soggetti che hanno aderito».

A spiegare il senso dell’iniziativa, il ministro Cartabia: «Ricostruire gli edifici, per ricostruire anche le proprie vite e sentirsi parte della comunità. Ha un fortissimo significato simbolico, il protocollo che permetterà ad alcune persone di uscire dal carcere, per lavorare nei cantieri dei paesi feriti dai terremoti. Attraverso il lavoro, il tempo della detenzione si orienta verso l’obiettivo costituzionale della rieducazione e del reinserimento sociale». Anche il commissario straordinario Legnini parla di accordo «denso di significati. Consentire ai detenuti che ne hanno titolo di lavorare nei cantieri pubblici e di ricostruzione delle Chiese nell’enorme cratere del centro Italia rappresenta una bella opportunità per inverare il principio della funzione rieducativa della pena e per le imprese di formare e utilizzare personale motivato a dare un contributo a tale importante finalità pubblica».

Nelle parole del presidente dei vescovi Zuppi, «il Protocollo rappresenta un passo importante sulla strada della responsabilità comune. Se vogliamo che il carcere non sia solo punitivo, ma soprattutto redentivo dobbiamo smettere di pensarlo come una realtà isolata, a sé stante, emarginata. Dare ai detenuti la possibilità di lavorare – ha aggiunto – è un modo per farli sentire parte della comunità, per dare loro una prospettiva di futuro e un’alternativa valida per non tornare a delinquere una volta scontata la pena. Il fatto che siano impegnati in cantieri per la ricostruzione, pubblica e religiosa, è poi un segno di speranza e un incoraggiamento a costruire insieme il nostro domani».

19 ottobre 2022