Catastrofe umanitaria in Sudan, Sant’Egidio: «L’Italia rilanci trattative di pace»

La conferenza stampa promossa dalla Comunità, con Msf, Emergency, Salesiane e Comboniani. Padre Giorgetti: «Un’intera generazione esclusa dalla scolarizzazione»

«Siamo qui per accendere i riflettori sul Sudan, un paese in cui è in corso una catastrofe umanitaria e dimenticato dai più». Il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha introdotto con queste parole la conferenza stampa dedicata all’emergenza umanitaria in Sudan organizzata ieri, 11 luglio, a Roma, alla quale sono intervenuti anche Vittorio Oppizzi, responsabile dei programmi in Sudan di Medici senza frontiere, Pietro Parrino, direttore del Dipartimento Progetti di Emergency, suor Ruth del Pilar Mora, consigliera per le Missioni delle suore Salesiane e padre Angelo Giorgetti, economo generale dei Missionari Comboniani.

Al governo italiano – «vista la presidenza del G7 e l’impegno di un nuovo interesse verso l’Africa attraverso il Piano Mattei» – Impagliazzo ha chiesto «una ripresa dei negoziati per un cessate il fuoco immediato» e, ricordando gli aiuti già portati in alcune aree di crisi della regione, ha sollecitato «un accesso umanitario senza restrizioni per rispondere ai civili che soffrono la fame. Il Sudan – ha evidenziato – è nella più grande crisi della sua storia, una guerra civile che ha seguito due colpi di Stato e un lungo periodo di instabilità. Si usano l’aviazione e l’artiglieria pesante persino nella Capitale Khartoum – ha aggiunto -. Una larga parte della popolazione è dovuta fuggire: su circa 47 milioni di abitanti, quasi 10 milioni sono gli sfollati interni, 2 quelli nei Paesi limitrofi, soprattutto in Egitto e Ciad. Per questo – ha concluso – è essenziale rilanciare il negoziato».

Di «disastro dimenticato» ha parlato anche Pietro Parrino (Emergency). Disastro che «come operatori Emergency viviamo tutti i giorni – ha detto -. C’è bisogno di riportare il Paese al centro dell’attenzione. Khartoum, dove Emergency opera dal 2006, è oggi una città fantasma dove manca l’elettricità, dove l’acqua è inquinata, dove manca cibo e dove tutte le persone sono malnutrite – ha riferito -. Rimaniamo nella Capitale perché siamo responsabili delle oltre 11mila persone che abbiamo operato dal 2006 a oggi, che hanno bisogno di controlli, visite e medicine da assumere in maniera costante. Vogliamo garantire loro un’assistenza sanitaria che manca totalmente. Senza la nostra presenza morirebbero di certo».

Anche per la salesiana suor Ruth del Pilar Mora, le difficoltà di sopravvivenza nel Paese sono «enormi. È quasi impossibile – ha riferito – reperire cibo e medicinali». In questi contesto comunque anche le Salesiane, impegnate in una missione proprio a Khartoum, hanno scelto di rimanere, «nonostante la posizione in un’area molto contesa, per mantenere fedeltà agli impegni presi». Attualmente la struttura, dove operano 5 suore e un sacerdote, ospita «una comunità di 110 persone, per la maggioranza donne e bambini, in spazi che sono molto angusti per così tante accoglienze. Le comunicazioni con loro sono ridotte al minimo e molto difficili – ha spiegato la religiosa – ma ci raccontano sempre di essere estremamente stanchi dopo 14 mesi di conflitto, chiedono solo pace. L’auspicio è che la comunità internazionale possa contribuire a fare passi in avanti verso la libertà e la pace duratura».

Bloccato da oltre un anno nel Paese, a causa della guerra civile, anche l’insegnamento. In tutte le scuole. Lo ha reso noto il comboniano Angelo Giorgetti, sottolineando che in Sudan «da più di un anno un’intera generazione è esclusa dalla scolarizzazione. Tutto questo – ha aggiunto – avrà un impatto enorme sul futuro della popolazione di questo Paese». Quella in atto, nelle parole di padre Giorgetti, è «un’emergenza drammatica, con flussi continui di persone che si spostano in cerca di salvezza; nel Paese la tensione cresce continuamente».

Non solo. A causa della guerra civile, «continua a peggiorare in Sudan anche la malnutrizione. Medici senza frontiere apre sempre più spesso centri nutrizionali, che però si riempiono subito. Da quando è scoppiato il conflitto inoltre i bambini non vengono vaccinati e questo pone un altissimo rischio di epidemie», ha testimoniato il responsabile dei programmi dell’organizzazione nel Paese Vittorio Oppizzi. Dopo 14 mesi in guerra, ha continuato, «si vive una crisi dimenticata, dove il conflitto è dinamico, con le linee di combattimento in continuo movimento, fattore questo che crea enormi problemi alle infrastrutture, tra le quali anche gli ospedali». Quindi l’appello: «Alle parti in campo, Saf (Sudanese armed forces) e Rsf (Rapid support forces), nonché alle presenze regionali e alle potenze estere, chiediamo il rispetto per la popolazione civile e di garantire l’accesso agli aiuti umanitari. Alle organizzazioni internazionali chiediamo di dare risposte umanitarie più concrete, rispondendo agli impegni presi».

12 luglio 204