“Casa di Heidi” all’Eur per i senza dimora

La struttura, intitolata a una senza tetto morta nel 2000 a causa del freddo, offre alloggio e assistenza al “popolo della strada”. Obiettivo: il reinserimento

Si chiama Heidi, come la senzatetto morta nel 2000 a causa del freddo, la struttura nel IX municipio che offre sostegno e assistenza a quanti vivono in strada, senza un alloggio, durante i mesi più freddi dell’anno. Inaugurata lo scorso 15 novembre, in occasione della Giornata mondiale dei poveri, la “Casa di Heidi” è nata da un intenso lavoro in rete che ha coinvolto la Comunità di Sant’Egidio, le Caritas parrocchiali della XXIV prefettura e il municipio. Resterà aperta fino al 30 aprile, tutte le sere a partire dalle 19.30 fino alle 8 del mattino successivo. «Il progetto, che va avanti da più di 10 anni, ha inteso rispondere alla necessità di strutture che offrissero ricovero ai tanti invisibili che gravitavano nella zona sud della Capitale – spiega la responsabile Barbara Cannelli -. Una situazione di massima priorità che ci ha spinti, già da due anni, ad aprire anche nel periodo estivo, in particolare nei mesi di luglio e agosto quando le temperature diventano molto alte. Per noi è fondamentale scongiurare il rischio di mortalità».

È dunque una dimora ospitale, accogliente e sempre in ascolto, quella allestita nei locali della ex scuola di via Comisso all’Eur: «Gli ambienti sono piuttosto spaziosi: ci sono diverse stanze, due bagni con servizio doccia e un’area esterna sotto a un portico – prosegue Cannelli -. Abbiamo lavorato molto per rendere questi spazi più familiari possibili». Un impegno costante a favore dei più fragili che vede protagonisti moltissimi volontari, parrocchiani e giovani, animati dal desiderio di offrire vicinanza e aiuti concreti. «La fornitura dei pasti caldi e della colazione – riferisce il diacono permanente Mimmo di Biase, che coordina le parrocchie della prefettura – viene assicurata e garantita a turno dalla Comunità e dalle undici realtà parrocchiali coinvolte. Non solo: ciascun gruppo provvede anche a tutto il necessario per il pernottamento: coperte, lenzuola, saponi, detersivi e igienizzanti».

Un’attenzione continua ai bisogni dei più vulnerabili che si riflette dunque anche negli aspetti organizzativi, oggi rimodulati secondo le norme anti–contagio. Per contenere la diffusione del virus la “Casa di Heidi” è stata infatti costretta a ottimizzare gli spazi, scaglionare gli ingressi e a ridurre i posti letto da trenta a quattordici. «Prima di accedere alla struttura ciascun ospite effettuerà un tampone che periodicamente ripeterà – informa la responsabile -. Per quanto riguarda i volontari invece, al momento sono circa cinque quelli che ogni sera portano gustosi pasti, tutti consegnati all’interno di monoporzioni sigillate». Un’emergenza nell’emergenza che rischia di inasprirsi sempre di più e che fa riflettere sulla centralità di strutture come questa: «Mai come in questi tempi la nostra accoglienza ha innescato processi di recupero e riabilitazione psicofisica – conclude la referente -. La “Casa di Heidi” rappresenta la tappa di un cammino volto a reinserire la persona nel tessuto sociale e nella vita della propria comunità».

23 novembre 2020