Caritas/Migrantes: meno stranieri in Italia

Presentato il XXX Rapporto Immigrazione, dal titolo "Verso un noi sempre più grande". Al centro, l'impatto del Covid-19 e delle misure di contenimento sulla vita dei cittadini provenienti da altre nazioni, la cui presenza è diminuita del 5%. Immutata la distribuzione geografica

Cala nel 2021 la popolazione italiana di origine straniera: dai 5.306.548 del 2020 agli attuali 5.035.643 (-5,1%), con una incidenza dell’8,5% sulla popolazione nazionale. È il primo dato che emerge dal XXX Rapporto Immigrazione presentato questa mattina, 14 ottobre, da Caritas italiana e Fondazione Migrantes, dal titolo “Verso un noi sempre più grande”: una fotografia dettagliata della condizione degli immigrati regolarmente presenti e delle loro famiglie nell’Italia della pandemia. E proprio la pandemia, con le relative misure di contenimento – a partire dalle restrizioni alla mobilità -, insieme al calo demografico generale, è fra le cause di questo calo. In decremento anche i permessi per motivi di protezione internazionale (-5,6%). 3.696.697 i permessi di soggiorno, con una netta crescita dei motivi di famiglia ( il 49%, +9,1% rispetto al 2019), seguiti da quelli per lavoro (43,4% e +12,1% dal 2019); seguono rifugiati e richiedenti asilo (5%). Anche i permessi di soggiorno destinati a minori non accompagnati e a neomaggiorenni sono in picchiata per il calo degli arrivi, dai quasi 18 mila del 2019 ai 3.774 del 2020.

Immutata la distribuzione geografica: la maggior parte degli immigrati continua a vivere al Nord (58,5%), il Nord Est e il Centro si aggirano entrambi intorno al 24,5%, mentre nel Sud e nelle isole sono il 12,1% e il 4,8%. Le prime cinque regioni sono la Lombardia (22,9% della popolazione straniera in Italia) seguita da Lazio, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte. Capitale dell’immigrazione è sempre Roma, in cui risiede il 10%, seguita da Milano (9,2%) e Torino (4,2%). La presenza femminile è sempre maggioritaria (51,9% del totale) e arriva quasi all’80% fra i soggiornanti provenienti da Ucraina, Georgia e da diversi Paesi dell’Est Europa, impegnati soprattutto nel lavoro domestico.

Secondo il Rapporto di Caritas e Migrantes – che allarga lo sguardo al mondo intero, interessato dallo stesso calo di quanti si spostano per motivi di lavoro o familiari -, pesano, e anche tanto, le conseguenze sociali della pandemia. A cominciare dall’impatto sul lavoro: si parla di un «forte contraccolpo» sia per la chiusura di molte attività sia per la prosecuzione di quelle essenziali da svolgere in presenza, che hanno esposto i lavoratori immigrati allo sfruttamento o all’infezione da Covid-19. Le forme contrattuali mediamente più precarie hanno determinato un tasso di disoccupazione del 13,1%, superiore a quello degli italiani (8,7%), mentre il tasso di occupazione (60,6%) si è ridotto e risulta inferiore a quello dei lavoratori autoctoni (62,8%). Le più colpite dalla crisi sono le donne, impegnate in servizi alla persona, nel turismo e nella ristorazione, con un tasso di disoccupazione due volte maggiore rispetto ai maschi.

Dall’inizio della pandemia al 31 marzo 2021, sono 165.528 le denunce di infortuni collegati al Covid tra lavoratori italiani e stranieri registrate dall’Inail. Gli stranieri contagiati provengono soprattutto da Romania (21,0%), Perù (13%), Albania (8,1%), Moldavia (4,5%) ed Ecuador (4,2%): per lo più colf e badanti che si sono contagiate all’interno dei nuclei familiari datoriali. Se sono diminuiti gli infortuni lavorativi sono invece aumentate le morti sul lavoro: +27,6% dall’anno precedente (da 1.205 a 1.538). E oltre un terzo è stato causato dal Covid-19. Dei 1.538 esiti mortali, 224 hanno riguardato cittadini stranieri (14,6%) e, in particolare (70% dei casi), cittadini extracomunitari.

Nelle famiglie di soli stranieri, cresce la povertà assoluta, che riguarda 568mila nuclei: vale a dire, più di una famiglia su quattro, pari al 26,7%, a fronte di un’incidenza del 6% tra le famiglie di soli italiani. Tra le persone aiutate dalla Caritas i cittadini stranieri rappresentano il 52%. Gli assistiti sono più giovani degli italiani: l’età media è 40 anni per gli uomini e 42 per le donne, contro i 52 anni in media degli italiani. E hanno titoli di studio più elevati, che nel loro caso non promettono aspettative di vita migliori. Se la povertà degli immigrati nel 42% è dovuta alla disoccupazione, molto elevata è l’incidenza degli occupati (30,9% contro il 19,2% dei cittadini italiani) poveri nonostante lavorino, i cosiddetti working poor, vittime molto spesso di un’occupazione precaria, sotto-retribuita e irregolare.

Scandagliati nel Rapporto anche il mondo della scuola – con 876.801 alunni con cittadinanza non italiana, pari al 10,3% del totale, in decrescita dal 2018 – e l’universo delle religioni. In evidenza il calo della componente musulmana (con un 2% in meno si attesta sul 27,1% del totale, 1 milione e 400 mila fedeli), a fronte di un aumento, invece, della componente cristiana (con 2,9 milioni di fedeli arriva al 56,2% a inizio 2021, a fronte del 53-54% degli anni precedenti). Tra i cristiani, la componente maggioritaria è quella degli ortodossi (57,5%, pari ad oltre 1,6 milioni). Seguono i cattolici (866 mila, pari al 30,3% degli stranieri cristiani). Ancora, la Fondazione Ismu al 1° gennaio 2021 segnala 144mila stranieri di religione buddista (pari al 2,8% degli stranieri residenti in Italia), 102mila di religione indù (il 2,0%), 98 mila sikh (l’1,9%) e 47mila persone appartenenti ad altre religioni (lo 0,9%). Gli atei e gli agnostici sono circa 461mila (9 %).

Per quanto riguarda i vaccini, emerge una minore copertura tra le persone nate all’estero rispetto a quelle nate in Italia (50% contro 60%), soprattutto tra adolescenti e giovani adulti (12-29 anni di età). Fino al 27 giugno 2021 sono state vaccinate in tutto circa 2.131.000 persone nate all’estero in possesso di tessera sanitaria e sono appena iniziate le vaccinazioni agli immigrati senza permesso di soggiorno. La mancanza di tessera sanitaria ha escluso interi gruppi di popolazione (italiana e straniera) dalla possibilità di prenotarsi nei portali regionali anche quando per età sarebbe stato possibile. In assenza di indicazioni puntuali, le Regioni e le Province autonome si sono attivate non in modo omogeneo e coordinato e questo ha prodotto, ancora una volta, a un ritardo «strutturale», lo definiscono nel Rapporto, a scapito della popolazione immigrata. Caritas e Migrantes sottolineano, d’altra parte, come l’Italia possa fare affidamento anche su 22mila medici, 38mila infermieri, 5mila odontoiatri, 5mila fisioterapisti, 5mila farmacisti, mille psicologi e 1.500 fra podologi, tecnici di radiologia, biologi, chimici e fisici di origine straniera, in prima linea contro la pandemia. E ricordano: «Fra gli oltre 350 medici morti in Italia durante la pandemia, almeno 18 erano stranieri. Molti di più i contagiati e i ricoverati in terapia intensiva».

14 ottobre 2021