«Come si può parlare di pace quando poi si alimentano guerre nella Regione? Quali sono le conseguenze dei conflitti in Siria, in Iraq, in Libia, nello Yemen? Solo morti, odio, violenze». Padre Paul Karam, presidente di Caritas Libano, ha incontrato un gruppo di delegati di alcune Caritas diocesane italiane, in questi giorni nel Paese per una visita di solidarietà promossa da Caritas italiana. «Dov’è la democrazia che qualcuno voleva portare? Solo disastri – ha osservato il sacerdote -. Nonostante tutto credo che si possa ancora sperare e vivere in dignità e rispetto».

Il Libano, ha dichiarato il sacerdote maronita, «non può più pagare le bollette delle guerre altrui, scatenate ai nostri confini». Il riferimento è ai conflitti in Iraq e Siria che hanno riversato nel Paese dei Cedri oltre un milione di siriani, senza contare gli iracheni e la presenza ultra decennale dei palestinesi. Si stima che un terzo della popolazione libanese sia composta da rifugiati, con gravi ripercussioni sociali, politiche, economiche interne. E il loro numero sale. Secondo padre Karam «solo nel primo semestre del 2017 sono nati 170mila bambini da famiglie rifugiate. Sono bambini che non hanno diritti e cittadinanza, nati invisibili».

Per venire incontro ai loro bisogni, così come a quelli della popolazione locale, Caritas Libano ha attivato progetti dedicati, grazie anche al sostegno di altri organismi, come appunto Caritas italiana. «Da tempo – ha spiegato il sacerdote maronita – i nostri progetti prevedono quote sempre più consistenti per i libanesi. Studi recenti hanno mostrato che circa il 35% dei libanesi vive sotto la soglia di povertà. Contestualmente peggiorano anche le condizioni dei rifugiati palestinesi».

Per rilanciare i propri programmi di aiuto Caritas Libano ha promosso una campagna quaresimale che si basa su tre azioni – «aiutare, donare e sostenere» -, in cui «l’aiuto materiale si unisce alla condivisione e al sostegno spirituale. Non facciamoci ingannare dai grandi immobili, dai centri commerciali pieni di luci, dai cantieri edili che sfornano appartamenti di lusso – sottolinea il presidente della Caritas -. Molti di questi, circa il 60% sono di proprietà di uomini di affari dei Paesi del Golfo. Qui in Libano – ha osservato padre Karam – i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. La classe media non esiste più. Le coppie giovani faticano a sposarsi e a trovare casa e lavoro. Se non ci fossero le rimesse dei circa 18 milioni di libanesi in diaspora il Libano oggi sarebbe ai limiti della bancarotta. Le famiglie vivono con gli aiuti dei familiari all’estero».

21 febbraio 2018