Syria: peace is possible“: è un tema che sa di speranza quello della nuova campagna lanciata da Caritas Internationalis per «trovare una soluzione pacifica al conflitto; aiutare milioni di persone colpite dalla guerra; dare ai siriani dentro e fuori il Paese dignità e speranza». Drammatica al momento in modo particolare la situazione di Aleppo, con 275mila persone che subiscono bombardamenti quotidiani e 100mila bambini intrappolati nell’area in mano ai ribelli. Dalla Caritas parlano di «catastrofe umanitaria», paragonata agli «infami massacri di Srebenica e del Rwanda».

Il problema principale è la mancanza di cure mediche. Prima della guerra ad Aleppo c’erano 33 ospedali, ora solo 10; nel 2010 c’era un medico ogni 800 persone, nel 2015 1 ogni 700; il 95% dei medici sono fuggiti, morti o in carcere; perfino gli ospedali vengono bombardati. La popolazione è senza cibo, acqua, elettricità, farmaci. È categorico il segretario generale di Caritas Internationalis Michel Roy: «La brutalità indiscriminata ad Aleppo deve finire. La popolazione ha bisogno di un immediato cessate il fuoco. Le agenzie umanitarie devono avere accesso sicuro e completo all’area. Le infrastrutture sanitarie sono devastate. Centinaia di pazienti in condizioni critiche devono essere evacuati». Eppure, la pace è ancora possibile: «Peace is possible», appunto. Secondo il vescovo caldeo di Aleppo Antoine Audo, presidente di Caritas Siria, «la soluzione per la Siria non è militare ma politica e deve arrivare dalla popolazione siriana, e non essere imposta dall’esterno».

12 ottobre 2016