Carceri e sovraffollamento: il «grido d’aiuto» dei reclusi

A Regina Coeli 1.133 detenuti sui 628 previsti. Carenza di personale e spazi fatiscenti. Padre Boldrin: situazione molto pericolosa. La garante Calderone: manca l’acqua in stanza, letti stipati

Con l’ultimo in ordine di tempo, a Caltanissetta, è salito a 45 il numero di detenuti che si è tolto la vita dall’inizio dell’anno. In tutto il 2023 erano stati 70, dopo il tragico 2022 dove il numero era stato di 85 suicidi dietro le sbarre. Quello che fa più impressione è che gli ultimi cinque si siano susseguiti in meno di una settimana e torna alla mente il XX Rapporto di Antigone presentato nelle scorse settimane, che denunciava una situazione sempre più insostenibile, dalle cause molteplici, a cominciare dal problema ormai strutturale del sovraffollamento.

Nel Rapporto si legge che «gli istituti dove sono avvenuti il maggior numero di suicidi tra il 2023 e il 2024 sono le case circondariali di Roma Regina Coeli, di Terni, di Torino e di Verona. In ognuno dei quattro istituti si sono verificati cinque casi di suicidio». E altri due nel 2024 a Regina Coeli, che tra carenza di personale e spazi fatiscenti è una delle situazioni più complesse tra le carceri, come ci conferma Sofia Antonelli, ricercatrice di Antigone, tra coloro che hanno visitato il penitenziario poco tempo fa. «I pochi spazi comuni sono stati trasformati in celle, e visto che il carcere è un edificio storico sottostà ai limiti della Sovrintendenza ai Beni culturali e non è possibile fare un vero riammodernamento per rendere gli ambienti più confortevoli». Il carcere romano di Regina Coeli è infatti un ex convento riconvertito in casa circondariale. Purtroppo, è anche un luogo che sulla carta potrebbe accogliere 628 detenuti, ma in realtà ne ospita quasi il doppio, 1.133, rendendolo tra le carceri più affollate d’Italia, con tutti i disagi e gli aggravi di pena che questo comporta.

«Il sovraffollamento non significa solo malessere delle persone, non significa solo insalubrità degli ambienti, ma anche tensioni crescenti, soprattutto in vista dell’estate che acuisce la sofferenza, con la carenza – come conseguenza – di personale in servizio commisurato alle esigenze»: a denunciarlo è Valentina Calderone, garante dei detenuti del Comune di Roma. Per far capire come la situazione sia davvero tesa, ecco anche la protesta dei reclusi nei giorni scorsi. Nella IV sezione, dopo i disordini di pochi giorni prima nella III. In un post sui social la garante Valentina Calderone si chiede: «Come si fa a obbligare le persone a dormire in quattro in spazi pensati per due, a non avere acqua corrente in stanza, a sopportare l’aria bollente che passa dalle finestre schermate dalle bocche di lupo? Come si fa a stipare letti nelle salette socialità, a non avere la certezza di poterti fare almeno una doccia al giorno?». Domande che interrogano non soltanto le autorità ma anche la società intera.

«Una esplosione di persone detenute fa sì che spesso non si riesca a garantire neanche lo svolgimento delle attività che faticosamente vengono organizzate», spiega Calderone. «Non ci sono le forze di polizia in grado di gestire e garantire quelle attività, quindi noi possiamo inventarci qualsiasi tipo di progetto meraviglioso sul piano educativo, formativo, riabilitativo, ma senza abbassare la soglia delle persone, non è possibile mettere in pratica tutto questo perché poi tutto si blocca per mancanza di agenti».

Per far capire cosa voglia dire basti pensare a quanto dice a Roma Sette padre Lucio Boldrin, stimmatino, cappellano di Rebibbia Nuovo Complesso, che spiega come «da quattro anni qui la chiesa principale non è utilizzabile e quindi la Messa la dobbiamo celebrare nei reparti, ma per farla lì servono le guardie, quando queste non ci sono salta la celebrazione della Messa. Quella che viviamo è una situazione per me molto pericolosa – prosegue padre Lucio -. È così a Rebibbia, è così al carcere minorile di Casal di Marmo, è delicatissima la situazione a Regina Coeli, con un sovraffollamento indicibile, tenga presente che lì non hanno nemmeno l’area verde, è un vecchio convento adattato a carcere. Al di là dei suicidi che noi conteggiamo, poi ci sono i tentativi di suicidio, i gesti di autolesionismo, a centinaia. È un grido di aiuto!».

1° luglio 2024