Sono convocati a Roma, dal 24 al 26 giugno, i nuovi cappellani delle carceri italiane, per il terzo seminario di formazione. L’appuntamento è all’Hotel Casa Carbulotto (v. Annia Regilla 60), per una tre giorni dedicata al tema “Chiamati a fasciare le ferite e a rialzare chi e caduto”. «Tra pochi giorni – scrive nella lettera di presentazione dell’appuntamento don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane – ci incontreremo a Roma per trascorrere insieme dei momenti di fraternità sacerdotale, ma sarà anche l’occasione per dare più forza e coraggio a ciascuno di voi nel delicato e prezioso servizio che vi state accingendo a vivere nelle carceri. Vi auguro di non camminare mai da soli – prosegue il sacerdote – ma di vivere sempre in comunione con i vostri confratelli cappellani e con tutti gli operatori che incontrerete nei luoghi di pena».

Il titolo scelto, osserva don Grimaldi, «ci suggerisce la strada per compiere ancora meglio ciò che il Signore chiede a ognuno di noi. Nel vostro delicato incarico pastorale quotidianamente incontrate uomini e donne, disperati, poveri ed emarginati che, privati della loro libertà personale, hanno bisogno di essere ascoltati, accolti nella tenerezza del ministero di noi tutti “uomini del Vangelo”». Questo, prosegue l’ispettore generale, è quello che «la Chiesa vi chiede» e cioè «aiutare a rialzarsi chi è caduto nell’errore, per dare loro ancora un barlume di speranza per un futuro aperto ai nuovi orizzonti di inclusione». Certo, ammette, le carceri sono profondamente cambiate nel tempo; proprio per questo «anche noi cappellani, in questo contesto, siamo chiamati a svolgere il nostro delicato ministero, rinnovandolo alla luce delle nuove esigenze e sfide pastorali. Siamo tutti sollecitati dalle parole e dai gesti profetici di Papa Francesco, sempre attento alle fasce deboli e ai carcerati».

Ancora, don Grimaldi osserva che all’interno degli istituti di pena «la povertà cresce giorno dopo giorno sempre di più e con la nutrita presenza di uomini e donne di altre nazionalità, che si professano in altre fedi, siamo chiamati a confrontarci e a qualificare il nostro servizio. Questi – conclude – sono alcuni dei motivi che dovrebbero farci riflettere sulla nostra azione pastorale accanto alle persone private della loro libertà personale e quindi di metterci continuamente in ascolto del grido dei poveri».

7 giugno 2019