Carceri romane, 5 i positivi. «I protocolli sono rigidi»

Pochi i casi nei penitenziari del Lazio. Il Garante Anastasìa: al primo accesso vengono sottoposti al tampone. Colloqui con i parenti solo una volta al mese

I casi di contagio da Covid-19 negli istituti penitenziari del Lazio sono circoscritti. Non sono da sottovalutare, certo, ma per il Garante delle persone private della libertà personale del Lazio Stefano Anastasìa offrono un’importante chiave di lettura. «Il sistema di prevenzione sta funzionando – afferma -. I casi di positività riguardano detenuti individuati all’ingresso in istituto. Al primo accesso vengono sottoposti al tampone per evitare che il virus entri in sezione». Gli ultimi dati rilevati l’8 novembre registrano complessivamente 19 positivi in sei dei quattordici istituti di pena del Lazio. I reclusi positivi nelle 5 carceri romane sono cinque, tra i quali due ricoverati in ospedale e due donne in isolamento nella sezione femminile di Rebibbia. Preoccupano i 14 contagiati all’istituto di Frosinone dove c’è «l’unico cluster che sarebbe riconducibile al personale».

Per le visite dei parenti, nel Lazio è stato adottato «un protocollo rigidissimo», spiega Anastasìa. I colloqui sono consentiti una volta al mese in locali dove sono state installate “pareti” in plexiglas alte fino al soffitto. «Non vi è nessun tipo di contatto con i parenti – aggiunge il garante -. L’attenzione è molto alta per evitare che il virus entri in una comunità chiusa e con convivenza stretta come quella carceraria dove, oltretutto, la situazione è igienicamente discutibile. Le docce, per esempio, sono in comune anche se il regolamento penitenziario da 20 anni prevede i servizi igienici, doccia compresa, nelle camere detentive».

Durante il lockdown «per la prima volta » è stato concesso ai detenuti di effettuare videochiamate ai familiari. «Questo ha permesso a molti di rivedere i genitori che non incontravano da tempo perché anziani o residenti in altre città – osserva -–, è stato molto emozionante. Cresce invece la sofferenza di chi ha figli molto piccoli con i quali è difficile interagire attraverso un telefono». L’emergenza sanitaria, lo abbiamo imparato in questi mesi, trascina con sé numerose criticità e costringe a rivedere le abitudini. Per evitare i contagi le attività educative e culturali hanno subito limitazioni inevitabili. «Durante la prima fase – dice il Garante – tutti gli istituti hanno chiuso l’accesso a qualsiasi figura esterna, eccetto, ovviamente, personale penitenziario e sanitario. Da giugno è stato consentito l’ingresso agli insegnanti per preparare gli studenti agli esami e da luglio ai volontari. Oggi ci troviamo difronte a un tentativo di limitare le attività o a sottoporre a rigidi controlli gli operatori esterni». Per esempio, la direttrice di “Rebibbia Nuovo Complesso – Raffaele Cinotti”, spiega Anastasìa, «ha chiesto a volontari e insegnanti di sottoporsi a tampone ogni 15 giorni. Si rischia una nuova chiusura di programmi fondamentali per l’assistenza e il sostegno dei detenuti. Non ci sono disposizioni centrali in tal senso ma non è da escludere».

L’auspicio è quello di mantenere attive almeno le attività che coinvolgono il più ampio numero di carcerati come quelle scolastiche «perché la didattica a distanza in carcere non è attuabile», dice in tono amaro. Al momento è attivo, proprio a Rebibbia, un laboratorio di produzione di mascherine per garantire la fornitura alla popolazione carceraria. Attività che ha una triplice valenza, rimarca il garante. «È una esperienza lavorativa, impegna il loro tempo ed è a favore della società perché i dispositivi potrebbero andare a beneficio di persone esterne». Tutte le precauzioni adottate si scontrano però con il sovraffollamento.

I detenuti presenti negli istituti di pena del Lazio al 31 ottobre sono 5.839 a fronte di una capienza regolamentare di 5.144. Il tasso di affollamento è pari al 112 per cento sulla capienza ufficiale, superiore al tasso medio italiano che è del 106 per cento. Nel dettaglio: gli uomini sono il 93,5%, gli italiani il 62,3% e il 62,2% sta scontando una condanna definitiva. Rebibbia Nuovo Complesso detiene il triste record di sovraffollamento e nello specifico la capienza regolamentata è di 1.150 persone per 1.117 posti effettivamente disponibili ma i detenuti oggi sono 1.479. Anastasìa ricorda che «il decreto Ristori ha rinnovato le procedure per l’accesso alla detenzione domiciliare per detenuti che hanno fine pena brevi ma molti che potrebbero usufruirne non hanno domicilio». L’appello del Garante è quindi quello di «allargare la rete di accoglienza».

16 novembre 2020