Carcere di Rebibbia, consacrato l’altare della cappella

Il cappellano don Sandro Spriano: «L’opera è stata realizzata da un uomo che ha scontato una lunga pena e ha cambiato vita. La chiesa è dedicata a Madre Teresa»

Dal bianco dell’abside spiccano file curve di mattoni a vista. In alto, il crocifisso in terracotta opera dell’artista valdostana Anna Biancardi. Poi, il piano chiaro a sormontare la radice di un castagno, nodosa ma levigata. È l’altare che sabato 2 dicembre il vicario Angelo De Donatis ha consacrato nella cappella della casa circondariale femminile di Rebibbia. È soddisfatto il cappellano don Sandro Spriano, per questo progetto nato due anni fa che trova oggi piena realizzazione dopo sei mesi di lavori e porta con sé una ricchezza non solo architettonica: se a rendere possibile il sogno di una cappella esteticamente gradevole è stato un generoso benefattore, a trovare la radice di castagno che fa da base all’altare, racconta don Sandro, «è stato un mio amico calabrese. Un uomo – spiega – che a Rebibbia ha scontato una pena molto lunga. Una volta uscito, ha cambiato vita completamente e oggi si dedica alla sua famiglia e fa il contadino. L’altare è opera sua e di un altro amico falegname, che ha posto sulla radice i 12 centimetri di massello sul quale saranno celebrate le Messe».

Alla cerimonia, concelebrata da don Sandro e dagli altri cappellani don Roberto Guarnieri, don Antonio Pesciarelli, don Antonello Sacco, padre Moreno Verzolato e don Francesco Grimaldi, erano presenti circa 100 persone. L’altare da domenica conserva anche un ritratto e le reliquie di Madre Teresa di Calcutta: proprio a lei è stata significativamente dedicata questa cappella, luogo di ritrovo per le circa 350 donne detenute nella casa circondariale, «la più grande d’Europa. Molte sono in carcere con i loro bambini. Qui seguono le catechesi e partecipano a momenti di preghiera, bisogna che sia un luogo accogliente. Da un mese, tra l’altro, queste donne si preparano per questo momento e proprio in questa cappella vivranno il Natale».

Un momento, quello delle feste, particolarmente
duro per chi sta in carcere, «in modo particolare per le donne», sottolinea don Sandro, «il cui dolore viene amplificato dalla presenza dei figli in carcere o dall’assenza dei figli fuori dal carcere. Per questo, a differenza di quanto avviene nelle carceri maschili, dove la Messa di Natale viene celebrata la mattina del 25, nel complesso femminile si fa la notte del 24, come succede in ogni parrocchia». Quanti il Natale lo festeggeranno fuori dal carcere, «noi cristiani liberi», prosegue don Sandro, «dobbiamo pensare che in carcere non ci sono detenute e detenuti, ma donne e uomini, bambini, anziani e adulti che stanno espiando un gesto sbagliato, un errore contro le nostre leggi».

Affinché «nessuno rimanga fuori dalle mura della città», anche quest’anno il pranzo del 25 per i detenuti sarà in compagnia dei Volontari in carcere, fermamente convinti, spiega il presidente Francesco Moggi, che «l’esigenza di giustizia passi necessariamente attraverso la dignità di ogni persona». Contro un carcere sovraffollato e meramente punitivo che troppo spesso è «scuola di delinquenza», l’impegno del Vic è, come sempre, orientato al reinserimento, unico antidoto efficace alla recidiva, che restituisce alla società cittadini rinnovati, attivi e partecipativi. Da oggi don Sandro dirà Messa dal nuovo altare in legno, «che è vivo, non come il marmo che c’era prima», e la storia di un uomo che ha dovuto attraversare la sofferenza prima di riappropriarsi della libertà sarà leggibile tra le belle rughe del castagno chiaro, alla luce di una certezza: «Ogni volta che diamo bellezza alle persone e alle cose – conclude don Sandro – ci avviciniamo a Dio».

 

4 dicembre 2017