Carcere, 14 punti per ridisegnare il sistema giudiziario
Misure alternative, lavoro, istruzione, affettività e reinserimento sociale tra i cardini delle priorità per il nuovo anno, sulla rotta tracciata dagli Stati generali
Misure alternative, lavoro, istruzione, affettività e reinserimento sociale tra i cardini delle priorità per il nuovo anno che segue la rotta tracciata dagli Stati generali
Meno carcere e una detenzione più vicina alla vita reale per preparare i detenuti al rientro nella società, più misure alternative e procedure di accesso semplificate per scontare la pena fuori dalle mura. Maggiori occasioni di lavoro retribuito sia all’interno che all’esterno degli istituti ma anche attività di volontariato e reinserimento sociale dei condannati. Pieno riconoscimento del diritto all’affettività e grande attenzione per i minori, le donne e gli stranieri. È concentrato in 14 punti il nucleo dell’Atto di indirizzo 2017 (il documento che definisce le priorità politiche da realizzare nel prossimo anno) del ministro della Giustizia Andrea Orlando in tema di carcere ed esecuzione della pena: uno tra gli obiettivi di intervento urgenti e «indispensabili per ricondurre il sistema giudiziario agli standard qualitativi che il Paese e la comunità internazionale si attendono».
Ecco i punti che, ripercorrendo la rotta tracciata un anno fa dai lavori degli Stati generali sull’esecuzione penale (il percorso di ricerca avviato dallo stesso Guardasigilli per ripensare il sistema carcere in Italia dopo le condanne arrivate dall’Europa), potranno, secondo Orlando, «fornire preziosi contributi al dibattito parlamentare in corso».
Il primo punto riguarda il trattamento rieducativo dei detenuti, che dovrà essere il più possibile individuale, e percorsi penitenziari differenziati. Il secondo, l’accesso potenziato alle misure alternative e procedure più semplici per scontare la pena all’esterno. Seguono «le attività di giustizia riparativa come momenti qualificanti del percorso di recupero sociale, sia in ambito intramurario, sia nell’esecuzione delle misure alternative, l’incremento delle opportunità di lavoro retribuito, interno ed esterno, e delle attività di volontariato individuale e di reinserimento sociale dei condannati». Al quinto punto c’è l’utilizzo della teleconferenza sia per i processi (con modalità che garantiscano il rispetto del diritto di difesa) che per favorire le relazioni affettive, come nel caso dei colloqui con familiari residenti all’estero. Al sesto, la sanità e la salute mentale, con la «revisione delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario alla luce del riordino della medicina penitenziaria, tenendo conto della necessità di potenziare l’assistenza psichiatrica negli istituti di pena».
Il pieno riconoscimento del diritto all’affettività delle persone detenute e internate e la disciplina del suo esercizio sono al settimo punto mentre il tema “stranieri”, con la «previsione di norme che favoriscano l’integrazione» è al punto successivo. Seguono la necessità di adeguare l’ordinamento penitenziario alle esigenze educative dei detenuti minorenni e la previsione di norme che garantiscano il rispetto della dignità umana attraverso la responsabilizzazione dei detenuti, a cui sono strettamente legate una vita penitenziaria il più possibile vicina a quella esterna e la sorveglianza dinamica: il delicato meccanismo che trasforma la sorveglianza-custodia in sorveglianza-conoscenza.
«La tutela del rapporto tra detenute e figli minori e la previsione di norme che considerino gli specifici bisogni e diritti delle donne detenute» sono all’undicesimo e dodicesimo punto, mentre concludono la lista delle indicazioni «la revisione del sistema delle pene accessorie» per rimuovere gli ostacoli al reinserimento sociale ed escludere che siano di durata superiore alla pena principale, e «la revisione delle previsioni in materia di libertà di culto e dei diritti ad essa connessi».
«Prima ancora che si compia il percorso legislativo così delineato – sottolinea il ministro Orlando nell’Atto di indirizzo -, gli spunti di riflessione emersi dagli Stati generali potranno trovare la massima latitudine applicativa, traducendosi in indicazioni suscettibili di immediata attuazione, nell’attività amministrativa, sotto l’aspetto organizzativo e strutturale». Per Orlando «resta, infatti, attuale ed indifferibile» assicurare ai detenuti condizioni di vita adeguate al rispetto della dignità umana, facilitando, contemporaneamente, attraverso percorsi rieducativi adeguati, «un consapevole reinserimento nel contesto sociale» che garantisca sicurezza e abbatta al minimo il tasso di recidiva.
«Per il fenomeno del sovraffollamento carcerario – spiega il Guardasigilli -, si è proceduto in questi anni a un ripensamento complessivo del sistema penitenziario. Nel gennaio 2013 (mese di pubblicazione della la nota sentenza “Torreggiani e altri c. Italia”), i detenuti ristretti nelle carceri italiane erano 65.755 mentre alla data del 26 agosto 2016 risultavano essere 54.097: con una riduzione, nell’arco di circa tre anni, di oltre 11.000 unità, il bilancio non può che essere positivo».
Il ruolo degli Stati generali. «Gli Stati Generali dell’esecuzione penale – sottolinea il ministro – hanno costituito la base di elaborazione preziosa per gli interventi necessari a definire il profondo cambiamento del sistema penitenziario. In quest’ottica, è centrale la questione delle condizioni di vita all’interno degli istituti penitenziari, migliorando i meccanismi che regolano la vita nei penitenziari puntando soprattutto sulla crescita delle attività trattamentali, sulla formazione professionale, il lavoro e il mantenimento delle relazioni familiari». Come affermato nella Direttiva del maggio scorso al Capo del Dap, cita il ministro, «occorre attuare un Piano nazionale d’intervento per la prevenzione del suicidio e per il monitoraggio delle strategie adottate, attraverso la raccolta, l’elaborazione e la pubblicazione dei dati sul fenomeno e sulle esperienze condotte. Dovranno essere sviluppate opportune misure di osservazione del detenuto, differenziate a seconda della fase trattamentale e con particolare attenzione ai soggetti tossico-alcool dipendenti; essere adeguati gli spazi detentivi destinati all’accoglienza dei soggetti a rischio; essere organizzati programmi formativi specifici per tutti gli operatori, favorendo l’interazione anche con i collaboratori esterni». Ancora, «sarà necessario porre attenzione alle esigenze formative dei detenuti, soprattutto di quelli minori, per i quali il 23 maggio ho siglato il Protocollo Giustizia-Miur per l’istruzione e la formazione in carcere e nei servizi minorili.
Criterio fondante di tali misure – conclude il ministro – è stato senza dubbio l’impegno a superare il vecchio modello di detenzione, mirando alla rieducazione e al reinserimento sociale, potenziando le misure alternative al carcere e riducendo la custodia cautelare, verso l’adozione di un modello in linea con le migliori prassi in ambito europeo». (Teresa Valiani)
21 ottobre 2016