Caos Iraq, Sako: «Tutti facciano un passo per il bene del Paese»
Il patriarca caldeo di Baghdad commenta le violenze degli ultimi giorni. L’auspicio: «I partiti usino la ragione per trovare soluzioni autentiche e efficaci per pace, stabilità e sviluppo economico»
Parla di situazione «triste e preoccupante» il patriarca caldeo di Baghdad Louis Raphael Sako, commentando l’ondata di caos e di violenze che ha travolto l’Iraq negli ultimi giorni. Più precisamente, da lunedì 21 agosto, quando il leader della coalizione che ha vinto le elezioni dell’ottobre 2021, Muqtada al Sadr, ha annunciato l’intenzione di ritirarsi dalla vita politica, come gesto dimostrativo per denunciare lo stallo politico e i veti incrociati che dopo l’insediamento del nuovo Parlamento hanno finora impedito la formazione di un nuovo governo. In seguito, i suoi seguaci sono scesi nelle piazze in diverse città, occupando il palazzo presidenziale e molte sedi di governatorati. E sono iniziati scontri armati tra i militanti sadristi e sostenitori dei partiti avversari, formazioni sciite considerate vicine all’Iran. Due giornate di violenza che hanno provocato quasi 40 morti e centinaia di feriti, fino a quando Muqtada al Sadr, in un intervento diffuso dalle tv nazionali, ha invitato i suoi sostenitori ad abbandonare le piazze e tornare a casa.
Nelle parole di Sako, quello del leader politico e religioso sciita è stato «un gesto pacifico»: un appello «che tutti hanno apprezzato, presidente e primo ministro, in testa. Ora tocca agli altri gruppi sciiti fare un passo, un sacrificio per il bene del Paese e del suo popolo». Sullo sfondo, le divergenze sulla posizione da assumere riguardo proprio all’Iran, con i militanti sadristi che chiedevano lo scioglimento del Parlamento e l’indizione di nuove elezioni. Una opzione che nelle ultime giornate ha iniziato a raccogliere consensi trasversali nei settori politici e istituzionali iracheni. Per il patriarca, «ora tocca agli altri gruppi sciiti fare un passo, un sacrificio per il bene del Paese e del suo popolo». Al contrario, «se si prosegue su questa china non ci sarà futuro per l’Iraq», avverte. La strada dunque, nell’analisi del porporato, è quella del dialogo, da cercare «con coraggio», pensando «al bene pubblico, alla vita e alle speranze della nostra gente irachena». Con l’obiettivo dell’«unità nazionale».
E il dialogo «deve essere ricercato all’interno dei diversi partiti e anche all’esterno, con i Paesi vicini, con i quali dobbiamo avere buoni rapporti – prosegue il porporato -. In questo modo sapremo salvaguardare la nostra sovranità e l’identità irachena. Questa è un’altra priorità. Non possiamo essere fedeli ad un Paese piuttosto che a un altro, dobbiamo, invece, mantenere rapporti diplomatici rispettosi con tutti. Non devono esserci ingerenze nella vita interna dell’Iraq». Si tratta, insomma, di «cercare il nostro bene e rispettare quello degli altri». Ricordando che «divisi non si va da nessuna parte: ogni gruppo deve assumersi le proprie responsabilità». A cominciare dai cristiani, chiamati a dare il loro contributo «con una sola voce, senza divisioni: innanzitutto mostrando il coraggio di rimanere qui per affrontare le sfide del Paese. Dobbiamo testimoniare la speranza cristiana: non siamo soli, siamo parte del popolo iracheno e per questo siamo chiamati a lavorare per il dialogo, la riconciliazione, senza attendere che siano gli altri a risolvere i problemi nazionali. Non dobbiamo restare neutrali perché anche noi siamo parte di ciò che accade».
L’auspicio di Sako ora è che anche gli altri Partiti siano disposti a compiere scelte e concessioni «per il bene dell’Iraq e degli iracheni, usando la ragione per trovare con equilibrio e sangue freddo soluzioni autentiche e efficaci che rispondano ai reali desideri dei cittadini nella pace, nella stabilità e nella promozione dello sviluppo economico, in modo da aiutare tutti a vivere una vita dignitosa», si legge nella dichiarazione diffusa dai canali di comunicazione del Patriarcato caldeo, che si conclude con le parole di Gesù nel Discorso della Montagna: «Beati gli operatori di pace».
2 settembre 2022