Raffaele Cantone annuncia il suo addio all’Autorità nazionale anticorruzione. «Dopo oltre cinque anni – scrive in una lettera diffusa oggi, 23 luglio -, sento che un ciclo si è definitivamente concluso, anche per il manifestarsi di un diverso approccio culturale nei confronti dell’Anac e del suo ruolo». Si tratta di una convinzione, spiega, «che ho maturato progressivamente e che nei mesi scorsi mi ha spinto a presentare al Consiglio superiore della magistratura la candidatura per un incarico direttivo presso tre uffici giudiziari. Nelle ultime settimane le dolorose vicende da cui il Csm è stato investito – prosegue – hanno tuttavia comportato una dilazione dei tempi tale da rendere non più procrastinabile una decisione».

La richiesta di Cantone di rientrare nei ruoli organici della magistratura diverrà effettiva non appena l’istanza sarà ratificata dal plenum del Csm. L’ormai ex presidente dell’Anac ha sempre ritenuto il suo mandato «una parentesi, per quanto prestigiosa ed entusiasmante». Ora la «decisione meditata e sofferta», che si intreccia con quanto sta accadendo nella magistratura italiana. «Credo sia giusto rientrare in ruolo in un momento così difficile per la vita della magistratura – evidenzia -. Assistere a quanto sta accadendo senza poter partecipare concretamente al dibattito interno mi appare un’insopportabile limitazione, simile a quella di un giocatore costretto ad assistere dagli spalti a un incontro decisivo: la mia indole mi impedisce di restare uno spettatore passivo, ancorché partecipe».

Da ultimo, un riferimento al tema della lotta alla corruzione, nella quale «dal 2014 il nostro Paese ha compiuto grandi passi avanti», specie per quanto riguarda la prevenzione, «tanto da essere divenuta un modello di riferimento all’estero – rivendica Cantone -. La stessa Autorità nazionale anticorruzione, istituita sull’onda di scandali ed emergenze, rappresenta oggi un patrimonio del Paese. Sono circostanze che dovrebbero rappresentare motivo di orgoglio per l’Italia invece sono spesso poco riconosciute come meriterebbero», è l’analisi amara. La corruzione naturalmente «è tutt’altro che debellata ma sarebbe ingeneroso non prendere atto dei progressi».

23 luglio 2019