Cacciari e Manicardi: l’Europa sappia integrare per sopravvivere

L’incontro sulle migrazioni promosso dal Centro Astalli alla Gregoriana. Il filosofo: la paura sfruttata da chi guida i popoli. Il priore di Bose: «Si agisce parlando alla pancia delle persone»

La paura alla base delle scelte politiche, che “parla” «alla pancia delle persone», e l’informazione che la cavalca. Ricette semplicistiche che ottengono consenso. L’uso dei simboli religiosi nei comizi. Un imbarbarimento del diritto. La crisi dell’Europa, «vecchia e immobile». Entra nel vivo dell’attualità sociale e politica il colloquio sulle migrazioni “Rifugiati ai confini dell’umanità”, promosso dal Centro Astalli in occasione della Giornata internazionale del rifugiato che si celebra il 20 giugno.

Protagonisti Massimo Cacciari e Luciano Manicardi. Gremita l’aula magna della Pontificia Università Gregoriana nella sera di lunedì 17 giugno per ascoltare il filosofo e il priore della Comunità di Bose. Presenti il vescovo ausiliare Gianpiero Palmieri, delegato per la carità, e monsignor Pierpaolo Felicolo, direttore dell’Ufficio Migrantes diocesano. L’incontro, moderato dal direttore dell’Espresso Marco Damilano, si è aperto con la proiezione di un video a quattro voci di giovani rifugiati in Italia e il racconto dei muri e dei confini, fisici e fatti di pregiudizi, incontrati e superati nel loro percorso di vita.

Padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, ha sottolineato nel suo saluto come «il fenomeno migratorio obbliga ad affrontare problemi complessi» sui quali «riflettere insieme, convinti che guardare la cosa da prospettive differenti faciliti il cammino di tutti», senza la pretesa «di trovare risposte o soluzioni, avendo imparato a diffidare dai dispensatori di ricette semplicistiche che, pure, ottengono spesso consenso».

Massimo CacciariÈ la paura, «emozione che colpisce le masse in tempi di crisi, ad essere sfruttata da chi le guida – ha affermato Cacciari -. Proprio quando ci sarebbe bisogno di compiere scelte razionali» questa dimensione emotiva, «fortemente divisiva, viene cavalcata da certa informazione» che alimenta la frattura «su un tema come quello della fede e dei valori. Per cui un gesto che potrebbe essere considerato blasfemo, come l’uso di un Rosario ad un comizio politico, viene letto da una parte della platea come baluardo di una tradizione. Allora il cristianesimo viene presentato come una identità esclusiva, propria solo di alcuni» mentre, per il filosofo, «la cristianità è condizione imprescindibile di un’Europa unita, non divisa da muri, secondo gli ideali dei padri fondatori».

luciano manicardiAnche per Manicardi «se si agisce parlando alla pancia delle persone si lavora sulla diffusione della paura del diverso, che può essere anche legittima ma che riduce la questione antropologica alla reazione immediata», negando la riflessione su come «lo straniero renda straniero anche me, riportandomi alla domanda “Chi sono io?” e alla chiamata ad una vocazione: quella di farmi prossimo». Per orientarsi, il priore della Comunità di Bose ha invitato a «guardare al codice biblico perché proprio le nostre radici ebraico-cristiane, pur nella loro enorme distanza, possono fare da paradigma». Riferendosi ad alcuni passi del Deuteronomio e del Levitico, Manicardi ha mostrato come «nella Bibbia la memoria dell’evento storico diventa legge e la legge è memoriale dell’evento stesso»: così il popolo di Israele «era chiamato a non opprimere il non israelita, ricordandosi della schiavitù in Egitto e di come proprio allora Dio si fosse manifestato a lui».

La legge dell’Antico Testamento – ha proseguito Manicardi – «trova poi pieno compimento nella persona di Gesù di Nazareth che incontra l’altro riconoscendo il suo volto, la sua storia e la sua sofferenza». Guardando a modelli del passato, Cacciari ha ricordato l’imperatore romano Caracalla che «agli inizi del III secolo estese la cittadinanza a tutti coloro che vivevano sul suolo romano, indipendentemente dalla loro provenienza geografica perché la cittadinanza non era e non è un fatto di sangue ma di rispetto di una legge e di una cultura».

Oggi, invece, per Cacciari, «assistiamo ad un imbarbarimento del diritto che viene ridotto a fattualità, giustificato con i dati di fatto per cui, per esempio, si dice che non ci sono le condizioni materiali per accogliere altri stranieri». Questo è un «processo irreversibile e tragico, che non riconosce quanto l’Europa, ormai vecchia e immobile, viva una necessità storica, economica e sociale di integrare per rinnovarsi e sopravvivere». Per il filosofo veneto, a mancare sono «una vera élite politica capace di fare memoria della storia e i movimenti dal basso che portino la classe dirigente a mutare il proprio atteggiamento».

18 giugno 2019