Bullismo e abusi sessuali: la lotta alle violenze comincia dallo sport

Grazie alla condivisione lo sport rimane l’ambiente ideale per combattere le difficoltà. Telefono Azzurro e Aic: «Servono formazione e vigilanza»

Grazie alla condivisione lo sport rimane l’ambiente ideale per combattere le difficoltà. Telefono Azzurro e Aic: «Servono formazione e vigilanza» 

Formazione, conoscenza dei campanelli d’allarme tra i giovani, coinvolgimento dei minori nell’analisi del problema, vigilanza e massima attenzione per le dinamiche giovanili promuovendo sempre il dialogo e mail il silenzio. Per Telefono Azzurro e Associazione italiana cultura sport, sono le formule base da cui partire per sconfiggere il bullismo, gli abusi di potere e ogni forma di disagio giovanile nello sport. Se ne è parlato nel corso di una Conferenza pubblica alla Camera dei Deputati.

A portare la propria esperienza i campioni Daniele Masala, oro nel Pentathlon moderno a Los Angeles ’84 e già dirigente del comitato controlli antidoping, e l’onorevole Valentina Vezzali, schermitrice, tre volte oro alle Olimpiadi. Il Convegno è nato con l’intento di chiamare a raccolta le istituzioni, il movimento sportivo e i professionisti con l’obiettivo di consegnare una fotografia del fenomeno in Italia, ma soprattutto costruire assieme conoscenza sul disagio giovanile negli ambienti sportivi e sulle risposte che la comunità, in maniera integrata e in un’ottica di sistema, può offrire.

Il 10% dei ragazzi intervistati
da Telefono Azzurro e Doxa Kids in un’indagine condotta nel 2017 fra i ragazzi delle scuole italiane è stato vittima di bullismo in ambienti sportivi. Episodi in cui non sempre la vittima trova supporto psicologico e morale da parte dei genitori. Infatti sempre secondo la stessa indagine il 12% degli adulti ritiene che il bullismo sia sempre esistito e non sia un problema così grave.

Mentre, nel 2016, i casi di abuso
sessuale e pedofilia gestiti da Telefono Azzurro attraverso la linea 1.96.96, il 114 Emergenza Infanzia e la chat sono stati 301. In 1 caso su 10 il responsabile è un estraneo. «Sono pochi ed eccessivamente frammentari gli interventi di formazione sulle tematiche dell’infanzia e dell’adolescenza diretti a chi lavora nei movimenti sportivi dilettantistici – dichiara Ernesto Caffo, professore ordinario di Neuropsichiatria infantile- Università di Modena e Reggio Emilia, presidente di Telefono Azzurro Onlus -. Oltre alla sottoscrizione di un dettagliato codice di comportamento gli operatori dovrebbero essere in grado di conoscere i segnali di disagio che i bambini e i ragazzi manifestano più o meno esplicitamente. Lavorare nella cornice della protezione significa anche comprendere che alcuni bambini, più vulnerabili per una serie di caratteristiche, sono più a rischio di violenze, maltrattamenti ed abusi. Occorre quindi costruire una rete virtuosa per diffondere formazione nel contesto agonistico e costruire azioni di contrasto».

19 maggio 2017