Nel pomeriggio di ieri, mercoledì 24 luglio, con il mandato ricevuto dalla regina Elisabetta II, la regina Elisabetta II, Boris Johnson è diventato ufficialmente il 77° primo ministro del Regno Unito. Subito dopo, il discorso pronunciato prima di entrare al numero 10 di Downing Street: pochi minuti, accompagnati da urla e contestazioni ininterrotte che arrivavano da oltre il perimetro di sicurezza.

Nelle parole del nuovo premier, anzitutto un «tributo alla fortezza e alla pazienza» di chi lo ha preceduto. Quindi si è rivolto più volte ai «pessimisti» e a «chi scommette contro la Gran Bretagna» per assicurare che «usciremo dall’Ue il 31 ottobre», con un accordo «migliore» con l’Unione. «Lo raggiungeremo nei 99 giorni che ci separano ma non aspetteranno 99 giorni se riusciremo a farlo prima», ha dichiarato.

Molti i punti programmatici indicati da Johnson per il futuro governo, a cominciare dalla sicurezza per i cittadini – con polizia per le strade e processi più rapidi -, per continuare con maggiori risorse alla sanità, «per proteggere le persone dalla paura» di dover vendere la casa per pagare le cure mediche. E ancora, l’impegno a risolvere la crisi dell’assistenza sociale, a garantire istruzione di qualità per tutti i bambini del Paese, insieme a salari più alti, rilancio della produttività, del commercio e quindi della fiducia degli investitori. Nell’elenco degli impegni infine anche la modifica della fiscalità a vantaggio degli investimenti e la promozione del «welfare per gli animali». Tutto nella consapevolezza che «il mio lavoro è servire voi, il popolo, perché il popolo è il mio capo». Quindi la promessa: «Sarò primo ministro di tutto il Paese».

Molto chiari gli obiettivi di Johnson: anzitutto «unire» e difendere i valori di libertà, stato di diritto e democrazia che stanno al cuore della storia britannica. Quindi il riferimento a Brexit: «Una decisione del popolo, che dobbiamo rispettare». Il nuovo premier ha ribadito il suo obiettivo di creare «una nuova partnership con l’Ue»; ha ringraziato i 3,5 milioni di cittadini Ue «per il vostro contributo alla società» e si è detto convinto della possibilità di una soluzione in cui non ci sia un confine in Irlanda. «Nella remota possibilità che Bruxelles non voglia negoziare un nuovo accordo», ha continuato, si aprirà la strada del “no-deal”: «Accelereremo i preparativi». E ai profeti di disastri ha annunciato: «Saranno meno pesanti di quanto profetizzate». Perché non bisogna «sottostimare la nostra forza», testimoniata dal ruolo di leadership che la Gran Bretagna ha in tanti ambiti. Il tutto per «recuperare il nostro ruolo storico». Le ultime parole: «Lavoreremo perché il Paese abbia la leadership che merita. Il lavoro comincia adesso». Quindi Johnson ha superato la porta nera per la prima riunione di lavoro.

25 luglio 2019