“Bonus cultura”, un passo indietro sarebbe una scelta miope

Il provvedimento, ora messo in discussione, ha consentito in questi anni ai diciottenni l’acquisto di libri e numerose altre occasioni di crescita e arricchimento personale

Il primo anno in cui è stato avviato il “Bonus cultura” per le diciottenni e i diciottenni, il 2016, io insegnavo in un istituto tecnico della mia città, nella sezione meccatronica. Due ragazzi di quella classe mi chiesero un consiglio su come potere spendere quei soldi: scettici loro, inizialmente scettico io, consegnai una lista di libri importanti da acquistare e poi raccontai quell’esperienza allora per me inedita anche in un articolo sul blog laletteraturaenoi. Ciò che però ovviamente non potei scrivere in quell’articolo fu quanto sarebbe accaduto circa un anno dopo.

Ero a camminare dalle parti della zona industriale della mia città, quando a un certo punto vedo un ragazzo in tuta che mi saluta. Si trattava proprio di uno degli alunni di quella classe, per altro molto in gamba, che dopo il diploma aveva trovato lavoro in una impresa meccanica del posto. Ci salutiamo, come stai, che fai, e poi alla fine mi dice: «E lo sa prof? Li ho comprati quei libri, ho fatto come ci ha detto. Ho iniziato ad avere la mia piccola biblioteca e adesso ho uno scaffale tutto mio dove ne sto mettendo degli altri. Lei lo sa, non è che leggo troppo, però sono contento di avere i libri in casa. Magari un giorno li leggo».

Nei sei anni a venire fino a oggi, nel tempo in cui a quanto pare il “Bonus cultura” sarebbe messo in discussione, mi sono trovato ogni anno a consigliare libri, ma mica solo quelli: spettacoli teatrali, film, concerti, sì esattamente, concerti – ovvero cultura – e mille altre occasioni di crescita e arricchimento personale che i ragazzi e le ragazze che ho incontrato hanno potuto vivere grazie a quei pochi soldi (che di questo stiamo parlando, pochi soldi, a fronte di destinatarie e destinatari che ne meriterebbero ben più). In queste ore ovviamente in molti hanno iniziato a protestare, e non è che ci voglia troppo a capire quanto miope potrebbe essere la scelta di togliere, ma anche limitare questa possibilità e sulla quale davvero l’auspicio è quello di un ripensamento che, a oggi, pare ancora possibile.

Per sei anni, sei annate di diciottenni hanno potuto per una volta contare su un incentivo concreto, reale, vero, che li metteva in condizione di accedere materialmente a beni essenziali, necessari per la loro vita (sì, la cultura è essenziale e necessaria per la vita). Che questa possibilità vada migliorata, resa più efficiente – accresciuta ed estesa io direi – mi parrebbe anche un’opportunità. Ma che sul merito non si faccia un passo indietro mi pare un dovere politico. Perché, un po’ come quando si fanno mille discorsi sulla scuola e poi si tagliano organici o non si mette un euro sulla riqualificazione degli spazi o delle risorse, io spero davvero che questa vicenda del “Bonus cultura” non divenga l’ennesimo esempio di quanto le nuove generazioni siano sempre in cima all’agenda di tutti i buonissimi propositi, ma poi, al dunque, messe in coda e private di quell’agire che dovrebbe tenere insieme senso pratico sul qui e ora da un lato e respiro di futuro e speranza dall’altro.

12 dicembre 2022