Bindi: «Gaming di Stato permeabile alla mafia»

Al termine della XVII Legislatura presentato il rapporto della Commissione Antimafia: «Il comparto del gioco garantisce considerevoli guadagni e rappresenta un’alternativa valida al traffico di stupefacenti»

Ciò che «sembrava arcaicità» è «diventata modernità». Nella presentazione del rapporto della Commissione Antimafia che presiede, Rosy Bindi ha spiegato ieri, 21 febbraio, che il metodo mafioso è «la capacità della violenza di influire sui gangli vitali dell’economia, della società e della politica, di fare della violenza (agita o minacciata) un “instrumentum regni”». In particolar modo, «la modernità delle mafie consiste nel fatto – ha spiegato – che esse si svincolano dalle condizioni storiche che le hanno prodotte e diventano un metodo» per raggiungere «arricchimento e potere attraverso le relazioni politiche, sociali ed economiche».

«Il comparto del gioco – in particolare
-, dalle scommesse alla gestione delle slot machine, dalle scommesse sportive online fino al fenomeno del match fixing, risulta di altissimo interesse per la criminalità di tipo mafioso sia per riciclare ingenti capitali illeciti sia per i considerevoli guadagni che può garantire». Secondo Bindi, «nonostante i diversi interventi normativi e l’impegno delle forze dell’ordine, questo settore dimostra di essere permeabile e vulnerabile, presentando aree di opacità che consentono alle organizzazioni criminali un facile inserimento e la realizzazione di enormi guadagni tanto da garantire una valida alternativa al traffico di stupefacenti, con un rischio più contenuto sotto il profilo dei controlli».

Infatti, «l’accertamento delle condotte illegali è molto complesso e le conseguenze giudiziarie piuttosto contenute». Inoltre, «l’attuale sistema sanzionatorio, che prevede pene non elevate per il reato di gioco illecito, non permette l’utilizzo di più efficaci sistemi di indagine, come le intercettazioni, ed è presto destinato alla prescrizione». Gli interessi mafiosi «si estendono – ha aggiunto Bindi – anche al gioco legale, che sebbene gestito da privati attraverso il sistema delle concessioni, è pur sempre esercitato in nome dello Stato».

«Diverse indagini – ha ricordato Bindi
– hanno dimostrato che le organizzazioni criminali hanno operato enormi investimenti in questo comparto, acquisendo ed intestando a prestanome sale deputate al gioco, o inserendo propri uomini negli organigrammi delle compagini societarie di gestione degli esercizi deputati al gioco. Interferenze mafiose che talvolta lambiscono le stesse società concessionarie, con risvolti inquietanti sulla capacità di condizionare a proprio favore la stessa attività legislativa, come hanno rivelato le indagini della Procura di Roma sul gruppo “Atlantis-Bplus Gioco Legale”».

 

22 febbraio 2018