Benedetto XVI: un cammino orientato all’unità

Nel pontificato di Ratzinger, l’impegno ecumenico evidente fin dalla scelta del nome ma anche quello nei rapporti con il mondo islamico e nel dialogo con quello ebraico

L’impegno ecumenico di Papa Benedetto XVI è stato evidente fin da subito, anche dalla scelta del nome pontificale. Fu Papa Benedetto XV, infatti, che tra l’altro incoraggiò, con il Breve pontificio Romanorum Pontificum del 25 febbraio 1916, la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, già introdotta nel 1908 da padre Paul Wattson, fondatore di una comunità religiosa anglicana che entrò in seguito nella Chiesa cattolica. Fin dalle prime ore del pontificato Papa Ratzinger indicò chiaramente che il cammino che intendeva percorrere era orientato all’unità. All’indomani della sua elezione, il 20 aprile 2005, durante il primo messaggio letto nella Cappella Sistina, al termine della celebrazione con i cardinali elettori, espose una sorta di programma del pontificato nel quale rimarcava la volontà di assumersi «come impegno primario quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo». Questa era «la sua ambizione e il suo impellente dovere». Con l’intento di ripercorrere i passi ecumenici di Giovanni Paolo II, Papa Ratzinger dichiarava di lasciarsi «interpellare in prima persona» e di essere «disposto a fare quanto in suo potere per promuovere la fondamentale causa dell’ecumenismo».

Per lui l’ecumenismo era una questione di fede e di «gesti concreti che entrino negli animi e smuovano le coscienze», come affermò a Bari il 29 maggio 2005, un mese dopo l’elezione, durante il primo viaggio del pontificato per la conclusione del Congresso eucaristico italiano. Lo ribadì il 25 gennaio 2011 nella basilica di San Paolo fuori le mura, in occasione della celebrazione dei vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. «La ricerca del ristabilimento dell’unità tra i cristiani divisi non può ridursi a un riconoscimento delle reciproche differenze e al conseguimento di una pacifica convivenza – disse in quell’occasione -: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero».

Dalle parole ai gesti il passo è stato breve. Lunedì 25 aprile 2005, ancor prima di prendere possesso della Cattedra romana (la celebrazione si tenne il 7 maggio nella basilica di San Giovanni in Laterano), Benedetto XVI riservò la sua prima uscita pubblica proprio alla basilica di San Paolo fuori le mura. Inoltre il suo primo Motu proprio, firmato il 31 maggio 2005, è dedicato a “L’antica e venerabile basilica”. Nel documento, ricordando che in essa si svolgono «speciali eventi di carattere ecumenico», conferma che sarà compito dei monaci, con l’aiuto anche di confratelli benedettini di altre abbazie, di promuovere e curare tali eventi.

Tra i suoi primi incontri dopo l’elezione c’è anche quello della mattina del 25 aprile nella Sala Clementina con i rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane e di altre religioni non cristiane ai quali chiese di dare, insieme a lui, «esempio di quell’ecumenismo spirituale che nella preghiera realizza senza ostacoli la nostra comunione». Nel dialogo con la Chiesa ortodossa grande importanza ebbe il viaggio apostolico in Turchia, dal 28 novembre al 1° dicembre 2006. Benedetto XVI assistette alla Divina liturgia ortodossa celebrata da Bartolomeo I; insieme visitarono il santuario di Efeso e scrissero una dichiarazione congiunta nella quale auspicavano, tra l’altro, un’Europa in cui «le minoranze debbono essere protette con le loro tradizioni culturali e le loro specificità religiose» e affermavano che «l’uccisione di innocenti nel nome di Dio è un’offesa a Lui e alla dignità umana».

Il viaggio in Turchia, inoltre, fu fondamentale per ricucire i rapporti con il mondo islamico, incrinatisi due mesi prima, a settembre, dopo la Lectio magistralis davanti agli accademici dell’università di Ratisbona. In quell’occasione, la citazione di un imperatore bizantino su Maometto scatenò violente reazioni del mondo islamico. Ogni polemica fu messa a tacere dopo il viaggio in Turchia, specie dopo la visita nella Moschea Blu di Istanbul. L’immagine di Papa Ratzinger raccolto in preghiera accanto al Gran muftì Mustafà Cagric fece il giro del mondo e aprì un processo di collaborazione con i musulmani sunniti e sciiti.

Il 9 maggio 2009 Benedetto XVI incontrò in Giordania il Re Hussein, al quale rivolse un incoraggiamento al dialogo tra cattolici e musulmani. L’anno successivo, il 17 settembre 2010, in occasione del Viaggio apostolico nel Regno Unito, incontrò l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams e fu il primo pontefice a visitare il Lambeth Palace e a rivolgersi ai vescovi anglicani riuniti nella Conferenza di Lambeth. Nel 2012 fu «pellegrino di pace» nel viaggio apostolico in Libano, in piena crisi siriana, dove incontrò i capi delle comunità religiose musulmane nel palazzo presidenziale di Baabda.

Ha inoltre sempre curato molto i rapporti tra mondo ebraico e quello cristiano. Anche in questo caso manifestò la volontà di proseguire la missione di Paolo VI e Giovanni Paolo II, i quali «hanno compiuto passi significativi per migliorare i rapporti con il popolo ebraico», affermò il 9 giugno 2005 alla delegazione del Comitato ebraico internazionale per le consultazioni interreligiose. «È mia intenzione continuare su questa via – disse -. La storia dei rapporti fra le nostre due comunità è stata complessa e spesso dolorosa, ma sono convinto che il “patrimonio spirituale” accumulato da cristiani ed ebrei sia di per sé la fonte della sapienza e dell’ispirazione in grado di guidarci verso un “futuro pieno di speranza”». L’apertura alle altre religioni si realizzò anche attraverso la nomina dell’accademico Werner Arber, protestante, a presidente della Pontificia Accademia delle scienze. Fu il primo non cattolico chiamato da un Papa alla guida dell’istituzione vaticana.

Infine, per diffondere il cristianesimo e annunciare la Parola ad ogni uomo, il 28 giugno 2010 annunciò l’istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, per «promuovere una rinnovata evangelizzazione nei Paesi dove è già risuonato il primo annuncio della fede e sono presenti Chiese di antica fondazione, ma che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di “eclissi del senso di Dio”, che costituiscono una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo».

2 gennaio 2023