Beirut a un mese dall’esplosione

La deflagrazione al porto il 4 agosto. Le dimissioni del governo e l’elezione di Adib. Il sostegno internazionale e il fondo straordinario della diocesi di Roma

Con 90 voti favorevoli su 119 l’ambasciatore libanese in Germania Mustapha Adib è da ieri, lunedì 31 agosto, il nuovo primo ministro del Libano. La designazione è arrivata 21 giorni dopo le dimissioni del governo di Hasan Diab che si è dovuto arrendere davanti alle tensioni sociali sfociate dopo l’esplosione al porto di Beirut il 4 agosto scorso. Garantendo di voler riportare il Paese dei Cedri «sulla strada giusta» e promettendo ai libanesi che «si rialzeranno e supereranno questo dolore», Adib, che nel primo pomeriggio di ieri ha ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo dal presidente Michel Aoun, dovrà trovare risposte agli interrogativi che la comunità internazionale si pone da quasi un mese e cioè qual è stata la causa della devastante deflagrazione? Perché le 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio confiscate nel 2014 erano ancora depositate senza alcuna sicurezza in un magazzino di uno dei porti più grandi e più trafficati del Mediterraneo orientale? Risposte che attendono soprattutto le famiglie delle oltre 180 vittime, dei 6mila feriti, delle 7 persone che risultano ancora disperse e i 300mila sfollati.

La tragedia sarà quasi certamente tra i temi che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte affronterà martedì prossimo, 8 settembre, durante l’annunciata visita a Beirut per incontri istituzionali. Intanto il porto è tornato operativo al 100%. La notizia è stata diffusa dal neo-direttore Bassem el-Kaissi, che ha sostituito Hassan Koraytem, ​​arrestato insieme ad altre 15 persone poche ore dopo la devastante deflagrazione immortalata in diversi video in cui si sente il boato e si vede la nuvola rossastra che si staglia nel cielo. L’esplosione, secondo la Banca Mondiale, ha causato fino a 8 miliardi di dollari tra danni e perdite economiche.

La catastrofe colpisce un Paese già in ginocchio a causa di una grave crisi economica e sociale, aggravata anche dal costante aumento di contagi da Covid-19. Una situazione definita «apocalittica» da Rita Rhayem, direttore di Caritas Libano, dalla quale il Paese potrà rialzarsi solo se riceverà «aiuti internazionali e investimenti privati» come auspica la Banca Mondiale. In tutto il mondo è partita la gara di solidarietà attraverso aiuti economici e materiali per sostenere 300mila persone rimaste senza acqua e impossibilitate ad accedere ai servizi igienici, secondo quanto denuncia l’Unicef, che ha consegnato 67 tonnellate di aiuti.

Aderendo all’appello di Papa Francesco, la Chiesa di Roma, su iniziativa del cardinale vicario Angelo De Donatis, ha istituito un fondo straordinario per le prime emergenze di 25mila euro, lanciato una colletta nelle comunità parrocchiali di Roma e invitato alla preghiera. «Preghiamo per le vittime, per i loro familiari e per il Libano – ha detto Francesco durante l’udienza generale del 5 agosto – perché con l’impegno di tutte le componenti politiche, sociali e religiose possa affrontare questo momento così tragico e doloroso e con l’aiuto della comunità internazionale possa superare la grave crisi che sta attraversando». E ancora, il Papa, tramite il dicastero per lo Sviluppo umano integrale, ha inviato 250mila euro mentre la presidenza della Conferenza episcopale italiana ha stanziato un milione di euro dai fondi 8xmille, per far fronte ai bisogni più urgenti quali l’assistenza sanitaria per i feriti, cibo, acqua, alloggio per gli sfollati, sostegno psico-sociale per i soggetti più vulnerabili. Uno stanziamento, quello della Cei, destinato al sostegno dei piani di intervento d’emergenza di Caritas Libano, tramite Caritas italiana, per i prossimi 12 mesi. In coordinamento con le agenzie umanitarie presenti, la Caritas locale dal 4 agosto è stata in grado di distribuire mille pacchi alimentari, 6mila pasti caldi al giorno e assistere finanziariamente 115 famiglie.

Altre 5mila famiglie sono state supportate dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, attraverso la quale monsignor Toufic Bou-Hadir, direttore della Commissione patriarcale maronita per la Gioventù, ha reso noto che «ci sono persone che cercano di trarre profitto dalla catastrofe comprando terre e case dai cristiani, ma la gente vuole restare. La terra non ha solo un valore materiale. Rappresenta la nostra dignità e in essa abbiamo le nostre radici». A fine agosto inoltre con l’arrivo della nave San Giusto nel porto di Beirut è partita l’operazione interforze “Emergenza Cedri”, attraverso la quale il ministero della Difesa ha messo a disposizione oltre 500 militari, 2 navi con elicotteri, un ospedale da campo con personale specializzato dell’esercito, assetti per la rimozione delle macerie. Nelle ore immediatamente successive all’esplosione sono giunti a Beirut anche 14 vigili del fuoco italiani esperti Nbcr (Nucleare biologico chimico radiologico), che hanno svolto campionamenti e controlli delle acque marine, del suolo e dell’aria intorno al cratere generato dalla deflagrazione. Nei giorni scorsi dal porto di Civitavecchia sono partiti anche dieci automezzi antincendio, cinquanta tra uniformi operative ed equipaggiamento d’intervento e generi alimentari di prima necessità inviati in Libano su iniziativa del Comune di Firenze.

1° settembre 2020