Battistini, rabbia, lacrime e preghiere

A 24 ore dall’incidente costato la vita a Corazon Perez Abordo, investita da un’auto in fuga con a bordo alcuni rom, le manifestazioni dei residenti e della comunità filippina

A 24 ore dall’incidente costato la vita a Corazon Perez Abordo, investita da un’auto in fuga con a bordo alcuni rom, le manifestazioni dei residenti e della comunità filippina

Doveva essere una fiaccolata. Si è trasformata in due manifestazioni distinte: una contro i rom e contro il sindaco Marino, l’altra in un momento di raccoglimento e preghiera. In via Mattia Battistini, 24 ore dopo l’incidente di mercoledì 27 maggio che ha provocato la morte di una donna filippina di 44 anni e il ferimento di altre 8 persone, travolte da un’auto in fuga con a bordo tre persone di origine rom – tra cui una ragazza di 17 anni poi fermata e altre due persone ancora ricercate -, un intero quartiere si è fermato per esprimere la propria rabbia ma anche il dolore, la vicinanza, la solidarietà. L’appuntamento è alle 18.30 alla fermata della metropolitana. Non ci sono bandiere di partito, solo tricolori. Sono presenti circa 200 persone. La manifestazione, pensata come una fiaccolata di solidarietà in ricordo della vittima, è stata organizzata da gruppi di destra. La rabbia tra i residenti è palpabile: «Al posto di quella donna poteva esserci chiunque – grida Rosa -: non siamo tutelati. Questi (riferito ai rom) fanno come vogliono». Mentre i rappresentanti politici parlano al microfono, una parte di cittadini si stacca e si sposta verso il centro della strada, proprio nel punto in cui l’auto ha investito Corazon Perez Abordo, la donna filippina, al momento l’unica vittima.

«Non c’è legalità, la gente ha paura – dice Simone, del comitato di quartiere Massimina -. Noi siamo qui per portare solidarietà alle vittime. Siamo apartitici e nati con lo scopo di contrastare i furti e, soprattutto, i roghi tossici che, quotidianamente provengono dal campo rom della Monachina». Di diverso parere Carlos: «Io non sono del quartiere – ammette -, abito a 13 chiilometri da qui ma oggi ho sentito il bisogno di manifestare la mia solidarietà alla famiglia della vittima, perché quello che è successo è incivile». E quando si parla d’integrazione, le sue parole sono chiare: «Queste persone non s’integreranno mai perché non vogliono farlo. Ma la colpa è anche nostra: in Italia manca la certezza della pena».

Avrebbe compiuto 45 anni tra quattro giorni, Corazon Perez Abordo. Marito, figli, sorelle e la madre sono lì, accanto alla fermata dell’autobus, dove un mazzo di fiori è stato posizionato per ricordarla. Poco distante, le suore “Riparatrici del sacro Cuore”, tutte filippine, intonano l’Ave Maria. Accanto a loro si concentra una piccola folla che prega a voce alta, accende candele, lasciandole proprio nel punto in cui la donna è stata uccisa. «Sono questi gli stranieri che vogliamo – urla una donna -, noi non siamo razzisti. Giustizia per questa gente che lavora». Tra la folla anche Emilia e Annamaria, della Comunità di Sant’Egidio che ricordano: «Chi ha bisogno è sempre un povero. I rom vanno sistemati nel modo giusto, come spetta ad ogni essere umano. Siamo qui per la vittima e domenica prossima, nella cappella dedicata a San Francesco, nel quartiere, sarà fatta una liturgia per ricordarla».

Il rischio di strumentalizzazione è alto. Lo ricorda anche l’associazione “21 luglio”, impegnata nella difesa dei diritti di rom e sinti d’Italia. In una nota, condanna la «pericolosa deriva etnica della vicenda sottolineata dalla stampa» e ricorda come «le colpe di un gesto di tale gravità non possono e non debbono ricadere sull’insieme di persone appartenenti alla stessa comunità degli autori della strage, a Roma e nel resto d’Italia. E gli organi d’informazione dovrebbero prendere tutte le opportune precauzioni perché questo non accada, evitando per esempio titoli, articoli e servizi che diano rilevanza maggiore all’origine etnica dei responsabili piuttosto che al fatto, gravissimo in sé. L’etnicizzazione delle notizie, infatti, rischia di esacerbare il già esasperato clima di ostilità e odio diffuso nell’opinione pubblica nei confronti di rom e sinti».

Sulla stessa linea anche l’appello di Caritas Roma: «No alla giustizia fai da te, no a vendette personali o di gruppo, no a incitazioni razziste alla violenza e no a strumentalizzazioni politiche per lucrare qualche voto in più – ha dichiarato monsignor Enrico Feroci, presidente della Caritas romana -. Il mio primo pensiero va alle vittime, alla donna che è morta e all’altra che versa in gravi condizioni; entrambe colf ed entrambe immigrate come le altre persone investite. Ma il fatto che questo grave episodio sia avvenuto per colpa di alcuni rom non cambia nulla. Semmai, mi domando se e come queste migliaia di nomadi che vivono nell’hinterland di Roma vengano seguite, assistite o aiutate. Tutti sappiamo che i campi nomadi sono covi dove, in assenza di un’autorità riconosciuta, comandano i mafiosi, i prepotenti, i delinquenti, i violenti».

E mentre in via Battisitni un corteo di estremisti di destra manifesta con slogan pro Salvini e contro Ignazio Marino, corteo controllato a vista da poliziotti in tenuta anti sommossa, in serata arriva anche la nota del sindaco di Roma, che si rivolge ai romani, ricordando di non «cadere in facili strumentalizzazioni politiche ma mostrando vicinanza alle vittime, severità per i colpevoli rifuggendo da odi e paure che qualcuno tenta di suscitare. È una sfida, civile e culturale, che la città è in grado di vincere».

Sulla vicenda e sulla scia di rabbia e odio che si trascina è intervenuto anche il vescovo Matteo Maria Zuppi, che in un’intervista a Radio Vaticana ha condannato le dichiarazioni anti rom di alcuni esponenti politici «perché fanno credere di risolvere il problema ma non è quella la soluzione» e ha ricordato come «purtroppo, siamo abituati in questi casi a generalizzare e a colpevolizzare. Credo che sarebbe ingiustificato e sbagliato accusare tutti i rom. Per loro serve qualcosa di serio, invece di populismi che non fanno altro che far credere di risolvere il problema. Per questo sono sbagliati. È evidente il fallimento di trent’anni di tutte le amministrazioni, ovunque».

29 maggio 2015