Bastogi, un’oasi di ascolto

Qui mancano gas, acqua calda e c’è carenza di servizi. L’esperienza di due religiose, da 27 anni con la gente della zona: «Si è creata una comunità». Appello del parroco alle istituzioni

Una mattinata di primavera. A Bastogi regna il silenzio. Solo poche macchine che passano per la strada. Sembra di essere piombati tutto a un tratto in una scena di “Come un gatto in tangenziale”. Non ci sono Antonio Albanese e Paola Cortellesi, ma il resto è quasi uguale al film. Palazzine malandate e muri di cemento di un grigio sbiadito. Per fortuna qualcuno ha cancellato la scritta che un tempo campeggiava all’ingresso della zona, tra Quartaccio e Torrevecchia: “Lassate ogni speranza o voi k’entrate” (sic). Sono rimaste solo le lettere colorate che compongono il nome di questa zona della periferia romana. Sarà un segnale di inversione di tendenza? Se ne parlerà, giovedì 23 maggio, nell’ambito del convegno diocesano sull’abitare nella vicina parrocchia di Santa Maria della Presentazione, presenti tra gli altri il vicegerente Baldo Reina e il parroco don Antonio Granio.

Effettivamente un barlume di speranza c’è. È la realtà della Fraternità dell’Incarnazione, gestita a Bastogi da suor Donatella Nutini e suor Silvia Masini, che ogni giorno, due ore alla mattina e due ore al pomeriggio, accolgono nella loro casa gli abitanti del quartiere che hanno bisogno di essere ascoltati e sostenuti nei loro problemi. C’è chi arriva per chiedere un pezzo di pane. Chi per fare una telefonata perché ha smarrito il telefono. Chi semplicemente per chiacchierare. Chi, come una ragazza ex tossicodipendente, per raccontare le sue difficoltà con il Sert. O chi, come tanti altri, arriva solo per salutare e per rassicurare le sorelle sul proprio stato di salute.

«Siamo arrivate a Bastogi nel 1997 per volontà dell’allora vescovo vicegerente Cesare Nosiglia, che volle fortemente la nostra presenza qui – racconta suor Silvia -. Eravamo giovani, alla prima esperienza. All’inizio gli abitanti del quartiere ci guardavano con curiosità, non capivano che cosa fossimo venute a fare. Ma poi con gli anni, piano piano, siamo entrati in empatia. Vogliamo che la nostra casa sia un luogo dove le persone possono stare insieme, per costruire relazioni e amicizie. La nostra comunità è nata per essere un segno della presenza della Chiesa in questi territori dove c’è bisogno di evangelizzazione».

Proprio qui, oltre ad accogliere gli abitanti che hanno più bisogno, suor Silvia e suor Donatella sostengono la loro attività creando icone. «Ci siamo inventate questo lavoro per offrire una testimonianza di impegno alle persone». Nel giardino di fronte alla casa se ne può ammirare una mariana. «D’estate di solito ci riuniamo qui fuori per recitare il rosario con chi vuole». Proprio alle spalle dell’immagine di Maria, si trova una delle tante palazzine malandate del quartiere. Balconi che sembra debbano crollare da un momento all’altro. Scale antincendio arrugginite. «Purtroppo la situazione nel quartiere – continua a raccontare suor Silvia – non è cambiata rispetto a ventisette anni fa. Sono tante le famiglie che abitano in pochissimi metri quadrati e che aspettano di essere traferite in una casa popolare da ormai troppo tempo. C’è sempre molto disagio. Non c’è mai stato un progetto portato fino in fondo dalle amministrazioni. Prima della pandemia è stato realizzato un grande censimento, che sembrava dovesse dare il via a una riqualificazione, ma purtroppo non è cambiato niente». A Bastogi, inoltre, non c’è il gas, ogni famiglia è costretta ad avere una propria bombola e gli impianti elettrici non sono a norma. «Per questo motivo – spiega la religiosa – gli incendi sono all’ordine del giorno. Le palazzine sono disastrate. E in più non abbiamo nemmeno l’acqua calda perché le tubature sono vecchie e piene di calcare».

Questo il contesto nel quale opera la Fraternità dell’Incarnazione, grazie anche alla collaborazione con don Antonio Granio e la parrocchia. «Bastogi è una realtà molto complessa, un luogo di povertà sociale – sottolinea il sacerdote -. C’è gente che vive onestamente, che vuole riscattarsi. L’augurio è che le istituzioni, a cominciare dallo Stato, si facciano vicine ai problemi della gente che vi abita. C’è un grande bisogno di servizi». Con il parroco, suor Donatella e suor Silvia sono continuamente in contatto. «Facciamo in modo che le persone possano conoscere la parrocchia e anche don Antonio fa lo stesso per noi». Il tutto nell’attesa di una vera riqualificazione della zona. «La speranza è questa – rimarca suor Silvia -. Anche perché tante famiglie hanno il desiderio di rimanere nel quartiere. Nonostante tutti i problemi si è creata una vera comunità». Come nel caso di un signore anziano malato di Alzheimer che viene monitorato a turno dagli abitanti della sua palazzina. «C’è grande attenzione da parte di tutti per lui». Bastogi è anche questo.

20 maggio 2024