Bassetti: «L’Appello ai liberi e forti ancora attuale in un Paese lacerato»

Nella basilica dei Santi Apostoli il presidente della Cei ha presieduto la celebrazione in occasione del centesimo anniversario del testo di don Luigi Sturzo con cui nasceva il Partito Popolare

Il centesimo anniversario dell’Appello ai liberi e forti di don Sturzo è stato ricordato questa mattina, 18 gennaio, con una celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nella basilica dei Santi Apostoli. Una scelta non casuale, come ha sottolineato il porporato nella sua omelia, perché in quella chiesa don Sturzo si recava a pregare insieme a «un gruppo di credenti» che «intendevano mettersi all’opera per offrire il loro servizio politico all’Italia del primo dopoguerra lacerata da divisioni ideologiche, economiche e sociali. Certamente – ha aggiunto a braccio – alcune di queste difficoltà le ritroviamo nella nostra Italia». E lì si recò a pregare anche alla vigilia della diffusione dell’Appello.

Prendendo spunto dall’episodio evangelico della guarigione del paralitico narrata da Marco, il cardinale ha sottolineato che Gesù non era «disinteressato alla vita di una cittadina come Cafarnao. Anzi, dobbiamo pensare che, abitando in quella polis, vi abbia anche in un certo modo esercitato un ruolo civile, che certamente si esprimeva attraverso l’interessamento per la vita di quella povera gente. È questo il passo che ci permette di ritenere ancora attuale l’Appello di don Sturzo», che «ebbe l’intuizione di chiamare a raccolta i cattolici liberi dalle pastoie e dagli interessi di parte e forti nello spirito, per offrire un servizio all’intero Paese, lacerato da lotte sociali talora strumentalizzate da logiche di potere e da visioni contrastanti».

Don Sturzo, ha ribadito Bassetti, «fu un uomo di preghiera: se non lo sei non puoi annunciare il Vangelo né la dottrina sociale della Chiesa». Un uomo che seppe fare grandi rinunce: come lui stesso scrisse, «per consacrarmi all’azione cattolica sociale e municipale avevo rinunciato alla cattedra di filosofia». Per il presidente della Cei, «se non si sa rinunciare a qualcosa di grande non si potrà fare qualcosa di grande. Sturzo – ha proseguito – concepì la sua attività sociale e politica come esigenza e manifestazione dell’amore cristiano: non valore astratto ma principio ispiratore dell’azione concreta, che porta a impegnarsi per cambiare le sorti di questo mondo, specialmente riguardo ai più bisognosi. Papa Francesco direbbe “gli scartati”». Sturzo seppe così applicare i «principi della dottrina sociale della Chiesa che non è staccata né dalla morale né dalla bioetica. Oggi, a distanza di cento anni, questo appello risuona nell’animo di quanti hanno a cuore le sorti del Paese, ancora una volta lacerato e diviso; risuona nell’animo di quanti sentono quella spinta ideale che vede nella difesa della vita e nella promozione umana il motivo di fondo di ogni impegno sociale. Chiediamo anche noi al Signore – ha concluso il cardinale – che volga il suo sguardo di amore e di misericordia sulla sua Chiesa e su tutta la società civile italiana perché possa ritrovare la via della concordia e della fraternità».

Alla Messa, concelebrata dal vescovo di Monreale monsignor Pennisi, erano presenti molti esponenti della vecchia Dc. Tra gli altri Mancino, D’Onofrio, Fioroni e Castagnetti. «Quella di Sturzo è una grande eredità per i cattolici impegnati in politica – ha detto l’ultimo segretario del Partito Popolare a margine della celebrazione -. Intanto la responsabilità dell’autonomia, il saper agire in nome proprio senza coinvolgere la Chiesa, per non danneggiarla. Poi la lezione di una politica molto esigente sotto il profilo morale e della competenza. Infine, lo sguardo che la politica deve avere: fu il primo ad avere una visione europea ed europeista. Senza dimenticare che fu un accademico di alto lignaggio: in America ancora si adottano i suoi libri mentre in Italia questo aspetto è molto meno conosciuto».

18 gennaio 2019