Basilica Lateranense, De Donatis celebra la dedicazione

L’arcivescovo vicario alla Messa di San Giovanni: «Gesù è il nuovo tempio, non costruito da mani d’uomo, che ci rivela come stare in relazione con Dio»

Nel 312 l’imperatore Costantino si convertì al cristianesimo e donò a Papa Milziade il palazzo Lateranense, aggiungendovi, otto anni dopo, la chiesa del Laterano, la più antica basilica del mondo per data e per dignità. È definita la “Madre e capo di tutte le chiese della città e del mondo” essendo stata la prima chiesa consacrata pubblicamente da Papa Silvestro il 9 novembre 324 con il nome di Basilica del Santo Salvatore. Solo nel corso del XII secolo, a causa del battistero, il più antico dell’Urbe, fu dedicata a San Giovanni Battista.

È la cattedrale della diocesi di Roma e la sede ecclesiastica ufficiale del Pontefice, nella quale esercita la sua funzione di vescovo. Per più di dieci secoli i Papi ebbero la loro residenza in Laterano e fra le mura della basilica si sono svolti duecentocinquanta concili, di cui cinque ecumenici, tra questi, nel 1215, il Lateranense IV, considerato dagli storici il più importante del Medioevo. In occasione della festa della dedicazione della basilica di San Giovanni in Laterano ieri sera, 9 novembre, il vicario del Papa per la diocesi di Roma, monsignor Angelo De Donatis, ha presieduto una Messa solenne animata dalla pontificia Cappella Musicale Lateranense e dal Coro della diocesi di Roma, diretti da monsignor Marco Frisina.

Commentando la pagina evangelica in cui è narrato l’episodio in cui Gesù caccia i mercanti dal tempio, «il luogo principale di tensione tra il Cristo e le autorità religiose», De Donatis si è soffermato sull’importante messaggio trasmesso dal Vangelo di Giovanni e cioè che il vero tempio di Dio è il corpo di Cristo. «Gesù è il nuovo tempio non costruito da mani d’uomo – ha affermato il vicario -, che ci rivela qual è il modo autentico per stare nella relazione con Dio, per stare di fronte al suo volto. Per questo rinnovare il tempio significa rinnovare costantemente il nostro modo di relazionarci con il Signore e Gesù ha il compito di essere il mediatore nell’incontro tra Dio e l’uomo».

L’evangelista racconta che facendo il suo ingresso nel tempio di Gerusalemme Gesù lo trova trasformato dall’uomo in luogo di mercato e di cambiamonete e questo significa «fare di Dio un mercante – ha aggiunto l’arcivescovo -. Ma lui è il Padre e il luogo dove dimora rappresenta una casa dove noi siamo i suoi figli. Salvaguardare il significato del tempio significa tutelare il vero volto di Dio e avere la giusta intuizione del mistero di Dio come solo il Figlio la può avere. Significa comprendere in modo nuovo cosa è il tempio e come si sta in esso». Avere quindi la consapevolezza che «con la venuta di Cristo il nuovo tempio è il luogo del nuovo sacrificio» significa capire che non «bisogna più offrire qualcosa a Dio in quanto questo nuovo sacrificio consiste nel fare memoria di quello che nel Suo Figlio il Padre ha già fatto per noi, cioè fare memoria della Pasqua di Gesù. A noi non resta che accogliere, ricordare e ringraziare».

 

 

10 novembre 2017