Baobab, il comune convoca i volontari. Ipotesi nuova tendopoli?

Nel breve periodo c’è la volontà di sgomberare via Cupa, ogni sera dormitorio per 200 migranti. Nel lungo periodo si prevede un nuovo modello

Nel breve periodo c’è la volontà di sgomberare via Cupa, che ogni sera diventa dormitorio per 200 migranti. Ma nel lungo periodo si prevede un nuovo modello

Una soluzione a breve termine: con il trasferimento dei migranti nei centri di accoglienza anche fuori Roma e l’ipotesi di una nuova tendopoli a Tiburtina, negli stessi spazi in cui lo scorso anno furono ospitate le persone sgomberate da Ponte Mammolo. E poi un progetto di più lungo periodo per la prima accoglienza dei migranti in transito. Appena insediata, la nuova giunta capitolina guidata da Virginia Raggi prova ad affrontare l’emergenza Baobab, un vero e proprio accampamento davanti all’ex centro di accoglienza di via Cupa, in cui ogni notte circa duecento migranti trovano riparo. Ma le cui condizioni di vivibilità diventano più difficili giorno dopo giorno. E così, sabato mattina il neoassessore al Welfare Laura Baldassare ha incontrato i volontari e le associazioni,che da mesi assicurano accoglienza in strada a chi arriva a Roma.

Sul tavolo innanzitutto la questione immediata: serve infatti sgomberare la piccola stradina adiacente a via Tiburtina, che di notte diventa un dormitorio a cielo aperto. Il sindaco di Roma lo ha detto chiaramente: «Per strada non possono stare, non è una situazione dignitosa né tollerabile per loro». Anche perché «si sta anche creando un problema di ordine pubblico con i residenti inferociti. Il modello deve essere cambiato – spiega -. Ora capiamo come gestire e risolvere in maniera rapida questa emergenza ma poi però dobbiamo iniziare a individuare un percorso diverso che eviti l’emergenza e rispetti i diritti di tutti». Per scongiurare un altro sgombero forzato una strada potrebbe essere il trasferimento dei migranti nei centri di accoglienza fuori Roma: chi accetta di entrare nel programma europeo di relocation sarà portato a Castelnuovo di Porto, gli altri in strutture sparse nella regione. Ma un’altra ipotesi reale è quella di rimettere su la tendopoli a Tiburtina, come già fatto lo scorso anno nel pieno dell’emergenza. Un’idea che i volontari del Baobab hanno fortemente avversato: già l’anno scorso molte delle persone ospitate in quella allestita a Tiburtina transitavano continuamente in via Cupa. Per quanto riguarda invece il «nuovo modello» evocato dal sindaco l’idea è di lavorare con volontari e associazioni per delineare un progetto partecipato. I volontari continuano a indicare l’ex istituto Ittiogenico come struttura più idonea: è vicino alla stazione Tiburtina e ha un ampio giardino ombreggiato in cui si potrebbero sistemare le tende per i migranti, nell’attesa che venga ristrutturato l’immobile.

Dopo l’incontro con il neo assessore i volontari insieme a Medu (Medici per i diritti umani) hanno pubblicato un comunicato stampa: «All’assessore abbiamo chiesto di approntare con urgenza dei presidi umanitari per fornire prima accoglienza, assistenza socio-sanitaria e informazione/orientamento ai migranti del Corno d’Africa che giungono nella area Tiburtina. Altre città lo hanno già fatto (Milano), altre lo stanno facendo (Parigi) e ci aspettiamo che Roma sia in grado di fare altrettanto – sottolineano -. Nel realizzare degli immediati presidi umanitari, coinvolgere e valorizzare i cittadini, i gruppi di volontari, come il Baobab Experience, e le organizzazioni umanitarie che da anni o mesi cercano di dare un minimo di assistenza ai migranti più vulnerabili, troppo spesso nella più totale assenza delle istituzioni». Infine hanno ribadito la necessità di «dimenticare per sempre pratiche sciagurate e controproducenti come gli sgomberi forzati senza aver prima individuato soluzioni concrete di accoglienza». L’associazione Medu (Medici per i diritti umani), che partecipa all’accoglienza in via Cupa, ha fornito la «piena disponibilità a collaborare a tutte le iniziative che Roma Capitale vorrà intraprendere per assicurare accoglienza, dignità e tutela della salute ai migranti più vulnerabili, partendo dalla attività già in essere della clinica mobile e del centro Psychè di riabilitazione per le vittime di tortura».

11 luglio 2016