«Cosa sta succedendo? È in corso una manipolazione? C’è una strumentalizzazione, c’è una volontà di dividere il Paese? C’è una agenda nascosta?». Il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, cerca un senso mentre esprime una condanna «energica, senza mezzi termini» del massacro avvenuto ieri, 1° maggio, nella parrocchia di Nostra Signora di Fatima a Bangui, dove alcuni militanti islamici del distretto PK5 hanno ucciso almeno 16 persone (tra cui padre Albert Toungoumalé-Baba) e ferito altre 60, con un attacco a colpi di granate e armi semiautomatiche durante la Messa per la festività di San Giuseppe lavoratore.

Il porporato rivolge il suo appello «al governo e alla Minusca», vale a dire alle forze Onu nel Paese, «perché sia fatta luce sull’accaduto, si possa sapere la verità e venga resa giustizia alla popolazione centrafricana». Forte il dolore per le vittime, i feriti e le loro famiglie. E forte anche il senso di inquietudine. «Da decenni, cosa abbiamo fatto di questo Paese – osserva amaramente il cardinale -. Colpi di Stato, ribellioni a ripetizione. Il risultato è davanti a noi: morti, saccheggi e distruzione e gli ultimi eventi drammatici ci ricordano che la violenza non è una soluzione ai nostri problemi».

Nzapalainga invoca per il suo Paese «eroi» che dicano ad una sola voce «no alla violenza, no alla barbarie, no alla auto-distruzione». Quindi un appello «a tutti i gruppi politici, amministrativi, religiosi, senza distinzioni, perché tutti insieme possiamo alzarci in piedi come un solo uomo per condannare l’accaduto poiché è lo stesso corpo centrafricano a essere minacciato dall’interno». Ancora, ai credenti il cardinale arcivescovo chiede di avere «padronanza di sé per evitare la rabbia, l’odio, la vendetta, le rappresaglie. Abbiamo contato i nostri morti e continueremo a contarli – le sue parole -. Abbiamo i nostri malati, disabili e continueremo a contarli. Per carità, alziamoci in piedi per evitare di autodistruggerci».

2 maggio 2018