Al Bambino Gesù il primo cuore “magnetico” su un paziente pediatrico

Il dispositivo impiantato nel gennaio scorso su una ragazza di 16 anni. Intervento reso necessario dai rischi di morte improvvisa

Il dispositivo impiantato nel gennaio scorso su una ragazza di 16 anni. Intervento reso necessario dai rischi della patologia. Dopo 4 giorni un cuore compatibile

L’Ospedale Bambino Gesù protagonsita di una nuova “prima volta”: un cuore artificiale a levitazione magnetica è stato impianato con successo in un paziente pediatrico da un’equipe mista del Dipartimento medico chirurgico di cardiologia pediatrica, diretta da Antonio Amodeo, responsabile ECMO e assistenza meccanica cardiorespiratoria. La peculiarità di questo nuovo dispositivo consiste in una pompa centrifuga a levitazione magnetica che consente di eliminare l’attrito tra le parti meccaniche e il sangue e quello delle parti meccaniche tra di loro, riducendo sensibilmente gli eventi avversi.

L’intervento, eseguito il 7 gennaio scorso, è stato eseguito su una ragazza di 16 anni affetta da miocardiopatia dilatative severa. Una patologia che presentava rischi di morte improvvisa. Di qui la scelta di intervenire come soluzione ponte, in attesa di un cuore compatibile con il trapianto, che è arrivato 4 giorni dopo.

Il nuovo dispositivo meccanico, informano dall’ospedale, si chiama Heart Mate 3. «Negli Stati Uniti è ancora in corso il trial clinico mentre in Europa ha ottenuto il marchio CE nell’ottobre del 2015 ed è stato impiantato da allora solo su popolazione adulta». Il dispositivo funziona grazie a una pompa centrifuga a levitazione magnetica che mantiene il rotore sospeso impedendogli di entrare in contatto con altre parti meccaniche. Questo «impedisce ai globuli rossi di danneggiarsi durante il passaggio del sangue nel dispositivo riducendo fenomeni come l’emolisi. Impedisce anche l’attrito delle parti meccaniche tra di loro, prevenendo così l’usura del dispositivo». Una soluzione valida sia come “ponte”, appunto, in attesa del trapianto di cuore, sia come soluzione definitiva («destination therapy») per chi, a causa delle sua patologia, non è eligibile per il trapianto d’organo.

La sperimentazione europea ha dimostrato una sopravvivenza del 98% a 30 giorni dall’impianto e del 92% a 6 mesi. Ancora più importante, spiegano gli esperti del Bambino Gesù, «su 50 pazienti adulti trapiantati non si sono registrati eventi avversi (trombosi, emolisi o malfunzionamenti meccanici) che sono tra le cause principali di morte». Alla luce di questi risultati, l’equipe dell’ospedale pediatrico ha deciso di chiedere il permesso alla casa produttrice, la St. Jude Medical, di utilizzare questo modello per la prima volta al mondo su un paziente pediatrico. Possibilità che è stata accordata «alla luce dell’esperienza maturata negli anni dal Bambino Gesù nel campo degli impianti di cuori artificial», spiega Antonio Amodeo.

L’intervento, riferisce il direttore dell’equipe, è stato reso necessario dai rischi di morte improvvisa a cui la ragazza era sottoposto a causa della patologia. «Il nuovo dispositivo magnetico offriva garanzie migliori in termini di efficacia e di sopravvivenza e infatti la ragazza a distanza di sole 16 ore dall’intervento era sveglia ed in ottime condizioni. Oggi  sta bene ed è stata dimessa dall’ospedale dopo il trapianto cardiaco il 1° febbraio».

Era il 2002 quando al Bambino Gesù si realizzava il primo impianto di cuore artificiale. Da allora ne sono stati impiantati oltre 60. Il 30 settembre 2010 è stato eseguito l’impianto del primo cuore artificiale permanente in un paziente pediatrico portatore di distrofia di Duchenne, e, nell’aprile del 2012, quello del più piccolo cuore artificiale, del peso di 11 grammi, sempre per la prima volta al mondo, su un bambino di appena 16 mesi. Nel periodo 2011-15, il Bambino Gesù ha coperto quasi il 50% di impianti di cuori artificiali pediatrici in Italia.

24 febbraio 2016