Bambino Gesù, 30 anni di eccellenza nella ricerca

L’ospedale festeggia l’anniversario come istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. La presidente Enoc: «Mai mancherà il supporto alla ricerca»

L’ospedale festeggia l’anniversario come istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. La presidente Enoc: «Mai mancherà il supporto alla ricerca»

Di anni ne ha 146 ma negli ultimi 30 è diventato un’eccellenza nella ricerca scientifica. L’ospedale pediatrico Bambino Gesù ha voluto festeggiare oggi, 13 maggio, il compleanno del riconoscimento, ottenuto nel 1985 da parte del ministero della Salute, della qualifica di “Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico”. Un titolo che negli anni ha fatto della struttura un punto di riferimento in Europa come centro scientifico di eccellenza della pediatria generale e, in particolare, nelle discipline pediatriche ad elevato grado di specializzazione.

«Tantissimi i campi sviluppati grazie alla nostra ricerca – ammette Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del nosocomio –, nell’ambito della chirurgia e della trapiantologia è l’unico ospedale in Europa che fa tutti i tipi di trapianto possibili su un bambino. In quello del midollo osseo, ad esempio, abbiamo nuovi protocolli che consentono la donazione da genitore a figlio. Nel campo delle malattie genetiche e rare, dove abbiamo un numero importante di bambini per cui non c’è diagnosi, abbiamo però una ricerca che consente di capire il meccanismo che sta alla base della malattia e trovare così la terapia più efficace. In ambito meccanico, possiamo raccontare dei primi trapianti al mondo di mini-cuori artificiali, del peso di 11 grammi, che i bambini usano come “ponte” in attesa di un cuore nuovo. E poi la robotica riabilitativa che permette ai bambini affetti da diplegie, ossia che non possono camminare, di tornare a farlo».

Al convegno, tenutosi presso l’auditorium di San Paolo, è stata ripercorsa la storia dell’ospedale, nato con soli 4 posti letto nel 1869 su iniziativa dei duchi Scipione e Arabella Salviati e, dopo un rapido e importante sviluppo, donato a Papa Pio XI nel 1924.

Tutti i pontefici che si sono succeduti, ne hanno sempre sostenuto le attività a tutela della salute dei bambini e così, per tutti i romani, il Bambino Gesù è diventato “l’ospedale del Papa”. «E come tale è considerato oggi», ha detto il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, che nel suo intervento, dopo aver portato i saluti di Papa Francesco, ha ricordato che « la Santa Sede considera come parte della sua missione l’attenzione all’ospedale.

Nato come frutto della carità, ispirato alla fede, dove le strade della provvidenza s’incontrano con quelle della solidarietà». Intervenuto anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che ha promesso impegno e vicinanza attraverso la destinazione di fondi futuri.

Emozionata la neo presidente del Bambino Gesù, Mariella Enoc: «Voglio dedicare alla ricerca scientifica molte risorse dell’ospedale – ha detto – ma soprattutto vorrei che tutto ciò che è ricerca fosse diffuso, comunicato. Per troppi anni, coloro che hanno ricercato, hanno poi tenuto per se i risultati. Oggi, vogliamo un ospedale aperto al mondo, che mette a disposizione di tutti i frutti delle sue scoperte. Perché il Bambino Gesù non riceve solo bambini ma va anche da chi ha bisogno».

Impegno, quest’ultimo, che il nosocomio già mette in atto da diversi anni grazie al programma delle missioni umanitarie internazionali: «Da 10 anni siamo strutturati con dei progetti di assistenza e cura nei Paesi in via di sviluppo – dice Lorenzo Borghese, responsabile delle missioni estere -. Abbiamo dei centri clinici chirurgici in Cambogia, Vietnam, Tanzania e collaborazioni di alto livello scientifico, ad esempio in Vietnam, con i trapianti renali. L’ultimo progetto è nato un anno e mezzo fa, in Giordania, dove c’è una struttura di neuro riabilitazione per i profughi siriani».

Il futuro è sempre più all’avanguardia: « Vogliamo incrementare la biologia cellulare, quindi le immunoterapie delle leucemie e dei tumori – afferma Dallapiccola – e, in campo genetico, partire da quei 59 geni-malattia che abbiamo scoperto negli ultimi anni per arrivare, entro il 2020, ad avere le basi biologiche di circa 3000 malattie genetiche di cui oggi non conosciamo gli effetti».

13 maggio 2015