Bambini in guerra: nel 2021 uccisi o mutilati in 8mila

I dati nel rapporto di Save the Children “The forgotten ones”, nell’ambito della campagna dedicata ai piccoli che vivono in zone di conflitto. Il video “Save the survivors”

Tra i dieci Paesi peggiori in cui vivere, per i bambini, ci sono Afghanistan, Somalia e Siria – da cui veniva la maggior parte dei migranti che hanno perso la vita nel naufragio di Crotone, domenica 26 febbraio -. A rivelarlo è il rapporto “The forgotten ones“, diffuso oggi, 28 febbraio, da Save the Children, nell’ambito della campagna Bambini sotto attacco, che denuncia il drammatico impatto fisico e psicologico della guerra sui bambini e le gravi conseguenze sulla loro crescita. Nello studio ci sono le evidenza di una ricerca condotta dall’organizzazione nei Pesi colpiti da conflitti. E a parlare sono i numeri.

L’Afghanistan, insieme ai Territori palestinesi occupati (Opt), nel 2021 ha registrato il più alto numero di bambini uccisi o mutilati a causa dei conflitti: 633 i piccoli rimasti uccisi e 1.723 quelli  mutilati a causa di ordigni esplosivi improvvisati, di esplosioni o residuati bellici esplosivi. In Somalia sono stati 793 i bambini uccisi o mutilati: il Paese, da un decennio, è segnato da un numero drammaticamente alto di violazioni nei confronti dei più piccoli, con una media di 847 bambine e bambini uccisi e mutilati ogni anno. La Siria registra il secondo più alto tasso di reclutamento e utilizzo di bambine e bambini, con 1.301 casi segnalati: il dato peggiore mai toccato nel Paese e drammaticamente in crescita rispetto al 2016, quando erano 961. Complessivamente, sebbene dal 2018 il numero registrato di uccisioni e mutilazioni nei conflitti sia diminuito di circa un terzo, più di 8mila bambini sono morti o sono stati mutilati nel 2021, con una media di 22 al giorno

Dalle storie vere di questi bambini in guerra nasce il video “Save the survivors“, diffuso da Save the Children contestualmente al rapporto. «Storie che non possono lasciare indifferenti – spiegano -, come quella di Ruba, dalla Siria, che aveva solo pochi giorni quando ha perso i genitori, uccisi dall’esplosione di un barile bomba. O di Dioura, 12 anni, costretta a fuggire e a costruirsi una nuova vita dopo l’attacco del suo villaggio, in Niger, a opera di gruppi armati. E di Kibrom, 13 anni, che dopo aver viaggiato a piedi per un mese con la madre, riparandosi nelle grotte, è perseguitato dai ricordi delle violenze che ha visto durante il viaggio e terrorizzato all’idea di subirne altre».

Una realtà, quella dei bambini nelle aree di conflitto, spesso poco conosciuta. Se è vero infatti che «la guerra in Ucraina ha riportato l’attenzione alla brutalità dei conflitti e al terribile impatto sui più piccoli», è vero anche che «nel mondo ci sono tante altre guerre poco ricordate, che hanno effetti devastanti su di loro». Basti pensare che sono circa 449 milioni le bambine e i bambini che nel 2021 hanno vissuto in aree di conflitto, si legge nel report. Di questi, più della metà – circa 230 milioni – si trova nelle zone di conflitto più pericolose, con un aumento del 9% rispetto all’anno precedente. «Sebbene la cifra globale dei bambini che vivono in Paesi in conflitto nel 2021 registri un leggero calo rispetto all’anno precedente (450 milioni), la drammaticità del fenomeno è evidente, perché riguarda un bambino su 6 a livello globale, nonostante la rilevazione non includa i milioni di minori della guerra in Ucraina, visto che il conflitto è scoppiato a febbraio del 2022». Nel periodo di riferimento, l’Africa ha registrato il numero più alto di bambini colpiti da conflitti (180 milioni), seguita dall’Asia (152 milioni) e dalle Americhe (64 milioni). Il Medio Oriente ha ospitato la più alta percentuale di minori che vivono in aree di conflitto (1 bambino su 3) e, se l’Europa ha registrato il numero e la percentuale più bassi, si prevede che questi numeri saliranno drammaticamente a causa dell’escalation di violenza in Ucraina, dove comunque dall’inizio del conflitto sono stati uccisi 438 piccoli mentre 851 sono rimasti feriti. .

Parallelamente, sono aumentati significativamente, negli ultimi 3 anni, gli episodi di negazione dell’accesso umanitario, soprattutto a causa degli incidenti in Yemen e nei Territori palestinesi occupati. E proprio lo Yemen, secondo l’analisi di Save the Children, è in cima alla lista dei 10 peggiori Paesi colpiti da conflitti dove vivere per i bambini nel 2021. Dalle crescenti restrizioni di accesso deriva, per l’organizzazione, la flessione del numero  complessivo di gravi violazioni contro i bambini dal 2020, che includono anche il reclutamento, il rapimento, la violenza sessuale, gli attacchi a scuole e ospedali, le uccisioni e le menomazioni. E i conflitti peggiori sono quelli di cui si parla di meno. “The forgotten ones” include anche un’analisi della copertura mediatica nei 10 Paesi più colpiti dai conflitti da quando la guerra in Ucraina si è intensificata, all’inizio del 2022. Il risultato: tra il 1° gennaio e il 30 settembre 2022, l’Ucraina ha ricevuto una copertura mediatica cinque volte superiore a quella di tutti e dieci i Paesi colpiti da conflitti peggiori per l’infanzia messi insieme. Nello stesso periodo, lo Yemen – il peggior Paese in conflitto per i bambini – ha avuto solo il 2,3% di copertura mediatica rispetto all’Ucraina.

A fronte di tutto questo, al 4 novembre 2022 i finanziamenti dei Piani di risposta umanitaria per i Paesi colpiti da conflitti peggiori per l’infanzia del 2021 erano finanziati in media solo al 43%, lasciando milioni di bambini senza accesso a beni di prima necessità salvavita come l’assistenza sanitaria e il cibo, oltre che ai servizi di istruzione e protezione. Al 4 novembre, quello per la Siria era finanziato solo al 27,5%, mentre quello per il Myanmar solo al 22,5%. L’appello aggiornato per l’Ucraina, invece, era finanziato al 68,1%. «I bambini non causano o iniziano le guerre, ma è innegabile che siano le vittime più grandi e più vulnerabili di ogni conflitto – commenta la direttrice generale di Save the Children Daniela Fatarella -. Sebbene le denunce di gravi violazioni siano leggermente diminuite nel 2021, una media di 22 bambini al giorno è stata ancora mutilata o, peggio, privata della vita. La situazione – aggiunge – è destinata a peggiorare con il protrarsi dei conflitti in Ucraina e in altri Paesi, come lo Yemen, la Repubblica democratica del Congo e la Siria, dove dopo 12 anni di conflitto e crisi economica i bambini ora subiscono anche gli impatti negativi del devastante terremoto». Nelle parole di Fatarella, «l’attenzione per la guerra in Ucraina ha ricordato a molti di noi la brutalità dei conflitti e il loro terribile impatto sui bambini, ma è anche una lezione su ciò che è possibile fare quando c’è una volontà politica e finanziaria collettiva sufficiente a garantire che i bambini ricevano l’aiuto salvavita di cui hanno bisogno. Il mondo deve continuare a proteggere i bambini dell’Ucraina, facendo al contempo molto di più per garantire che i bambini di altri Paesi colpiti da conflitti siano assistiti», conclude.

La richiesta di Save the Children «ai leader mondiali, ai donatori, ai membri delle Nazioni Unite e alle ong», allora, è quella di «proteggere i bambini garantendo il perseguimento degli individui responsabili delle gravi violazioni contro i minori nei conflitti armati, assicurando la ratifica e l’attuazione di tutte le normative e le politiche pertinenti e dando priorità ai finanziamenti per il sostegno ai bambini colpiti dai conflitti».

28 febbraio 2023