Azzardo, Caritas Lazio: «Alla Regione è mancato il coraggio»

Le organizzazioni pastorali commentano l’emendamento all’assestamento di bilancio che cambia l’architettura della vecchia legge. In particolare, sparisce l’obbligo dei 500 metri di distanza dalle aree sensibili, che si riduce a 250 per le nuove attività. L’appello ai sindaci

Con un emendamento all’assestamento di bilancio, nella seduta del 27 luglio il Consiglio regionale del Lazio è intervenuto sul tema del gioco d’azzardo patologico introducendo alcune modifiche che cambiano – anche in modo sostanziale – l’architettura della vecchia legge regionale, datata 2013. Sparisce, in particolare, il “distanziometro”, vale a dire l’obbligo della distanza di 500 metri da scuole, chiese e altri luoghi di culto, centri giovanili, centri anziani e strutture sociosanitarie, sul quale si erano concentrate le proteste degli ultimi anni. La distanza obbligatoria si riduce a 250 metri e riguarderà solo le sale di nuova apertura.

«Come Caritas del Lazio siamo stati interpellati dalla Regione sul tema ma non possiamo non rilevare che si poteva fare molto di più per un reale impegno di prevenzione contrasto», si legge in una nota diffusa oggi, 29 luglio, dalla rete degli organismi pastorali regionali. A incontrare il parere negativo delle Caritas è proprio l’assenza del limite di distanza per gli esercizi pubblici commerciali e le sale gioco già esistenti alla data in vigore della nuova disposizione, rispetto alle aree sensibili, così come l’assenza del «richiesto divieto di vendita in questi locali degli alcolici». Al contrario, «accogliendo le istanze dell’industria dell’azzardo, la giunta del Lazio ha smentito quanto fatto dalla stessa nel 2020, discostandosi anche dalle normative più recenti quali quelle delle Regioni Emilia-Romagna e Toscana», evidenziano le Caritas della regione.

Nelle nuove norme, riconoscono i firmatari della nota, non mancano «alcune prescrizioni condivisibili che avevamo suggerito e che riguardano tutti gli esercenti, non solo quelli di nuova apertura, tra cui la riduzione della frequenza delle singole giocate a non meno di una giocata ogni 30 secondi; la separazione netta tra lo spazio dedicato agli apparecchi da gioco e gli altri ambienti degli esercizi; una pausa obbligatoria di 5 minuti ogni trenta minuti di gioco consecutivi; interdizione dal gioco ai soggetti in stato di manifesta ubriachezza; riduzione delle fasce orarie di gioco lasciando però ai Comuni la facoltà di deliberare in materia». Si tratta di misure pensate per contrastare l’azzardo patologico, osservano, ma che, se non inserite in un contesto più vasto – a partire dalla limitazione e regolamentazione dei punti di gioco presenti in modo troppo capillare – non sortiranno gli effetti desiderati».

Le Caritas tornano quindi a schierarsi dalla parte delle vittime della ludopatia. «Abbiamo più volte sollecitato provvedimenti per creare quella rete regionale di servizi sanitari per la cura della dipendenza da gioco d’azzardo che oggi, nei fatti, è puramente simbolica, e per sostenere quelle famiglie che si ritrovano ad essere gravemente sovraindebitate a causa della sofferenza di un proprio familiare», ricordano nel comunicato. Nelle cinque province del Lazio prima della pandemia risultavano attive slot machine in 5.700 pubblici esercizi quali bar, tabaccherie, lavanderie, cartolerie, ricostruiscono. «Quanto poi alle sale con VLT – slot machine più aggressive – queste sono ben 378, quasi tutte (87%) con ampi spazi per fumatori dove consumare tabacco ininterrottamente. Gli orari di punta vanno dalle 23 all’una del giorno dopo. Orari d’affari che l’emendamento continua a garantire con particolare e sospetta generosità. Tutta la nuova manovra della Regione è indirizzata in favore di queste 378 sale con 6.500 macchine ipertecnologiche, dove si somministrano drink alcolici e si fuma ininterrottamente. Da anni gli esperti chiedono che almeno sia evitata la somministrazione di alcolici e non sia consentito di fumare: alcol e tabacco, insieme all’alta frequenza delle giocate, producono scientemente la patologia dell’azzardo», si legge nella nota. Quanto al “saldo” complessivo, «nello scorso anno, il 2021, sono stati giocati nel Lazio ben 11 miliardi e 568 milioni di euro (2.019 pro-capite) con profitti per le compagnie dell’azzardo per 839 milioni e 294 mila euro. Nessun altro settore produttivo può “sognare” simili risultati».

Nelle prossime settimane, anticipano quindi i firmatari del documento, le Caritas del Lazio «faranno un appello ai sindaci dei Comuni delle rispettive diocesi chiedendo, per quanto concerne le loro competenze – in primis per gli orari di apertura degli esercizi -, quelle misure che la Giunta regionale e il Consiglio regionale non hanno avuto il coraggio di approvare».

29 luglio 2022