“Ayrton”, l’omaggio di Dalla al “mito” di Senna

Venticinque anni fa moriva il campionissimo brasiliano della F1. Nel 1996 la canzone scritta “a caldo” da un artista romagnolo

Venticinque anni fa, il 1° maggio 1994, moriva un “mito” della Formula 1 e dello sport mondiale, Ayrton Senna. Una tragica domenica sul circuito di Imola, per il Gran Premio di San Marino, anzi una tragica tre-giorni. Nelle tre giornate della gara, infatti, perse la vita anche Roland Ratzenberger, e Rubens Barrichello rimase gravemente ferito. Senna, che quel giorno era al volante di una Williams-Renault ed era partito in pole position, aveva solo 34 anni. Tre titoli mondiali in Formula 1, 41 vittorie nei Gran Premi, 65 pole position, una carriera luminosa alle spalle. Insomma, uno dei più grandi.

Passano appena poche ore e nasce un omaggio in musica al “mito” Senna. A scrivere la canzone è un artista romagnolo, Paolo Montevecchi. Il titolo originario è “Il circo”, il brano – nell’arco di qualche settimana – è accompagnato da un video in super 8 ambientato appunto in un circo. L’autore gira proponendolo a diverse case discografiche, senza successo, con l’intento di cantarla lui stesso, poi decide di lasciarlo in una busta a quella di Lucio Dalla. L’idea, anche un po’ fortunosamente, va a segno. “Il circo” diventerà “Ayrton”, portata al successo due anni dopo da Dalla come prima traccia dell’album “Canzoni”.

Colpisce la genesi del brano, raccontata anni fa in un’intervista da Montevecchi: «Scrivere quella canzone fu per me una urgenza personale ed una esperienza unica ed indimenticabile». La sera del primo maggio 1994 si trovava a casa di amici, attonito davanti alle immagini che rimandavano a ripetizione in tv l’incidente mortale di Senna. «Qualche minuto dopo ascoltai una intervista di Senna, lo guardai negli occhi mentre parlava del suo magico rapporto con Dio e capii dai suoi occhi che non stava mentendo». Tornò a casa, prese una chitarra, «le parole della canzone uscirono da sole». E nacque quel testo, scritto inizialmente con l’urgenza dell’artista sulle pagine di un giornale.

«Il mio nome è Ayrton e faccio il pilota / e corro veloce per la mia strada / anche se non è più la stessa strada / anche se non è più la stessa cosa… E come uomo io ci ho messo degli anni / a capire che la colpa era anche mia / a capire che ero stato un poco anch’io / e ho capito che era tutto finto / ho capito che un vincitore vale quanto un vinto / ho capito che la gente amava me / potevo fare qualcosa / dovevo cambiare qualche cosa. / E ho deciso una notte di maggio / in una terra di sognatori / ho deciso che toccava forse a me / e ho capito che Dio mi aveva dato / il potere di far tornare indietro il mondo / rimbalzando nella curva insieme a me / mi ha detto “chiudi gli occhi e riposa” / e io ho chiuso gli occhi».

“Ayrton” piacque anche ai familiari di Senna, la mamma rivelò a Montevecchi che aveva saputo cogliere (pur non conoscendolo affatto) il volto “privato” del pilota. Ed emoziona ancora oggi, ascoltandola, rivedere sia il video di Montevecchi sia il volto e le imprese del pilota brasiliano. All’autore è rimasta nel cuore, e non poteva essere diversamente. Qualche anno fa l’ha riarrangiata con due versioni acustiche in italiano e in portoghese. E “Ayrton” resta, parole sue, «un piccolo granello di sabbia che forse resisterà nel tempo».

30 aprile 2019