Aumentano disoccupati e inattivi. Italia in controtendenza sull’Ue

I dati del Rapporto Istat 2015. Per la prima volta dal 2008, il tasso di disoccupazione scende in Europa ma non nel nostro Paese, dove si attesta al 12,7%

I dati del Rapporto annuale Istat. Per la prima volta dal 2008, il tasso di disoccupazione scende in Europa ma non nel nostro Paese, dove si attesta al 12,7%

Aumentano ancora i disoccupati e gli inattivi. Nel 2014 i potenzialmente impiegabili diventano 6,7 milioni. È quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat 2015. I disoccupati sono 3,2 milioni (+5,5% rispetto al 2013) e le forze di lavoro potenziali sfiorano i tre milioni e mezzo (+8,9%). «La crescita del numero di disoccupati, oltre un milione e mezzo in più rispetto al 2008, prosegue anche nell’ultimo anno sebbene a ritmi meno sostenuti, portando l’aggregato delle persone in cerca di occupazione a 3,2 milioni. Il tasso di disoccupazione si attesta al 12,7 per cento, sei punti in più rispetto al 2008, mezzo punto nell’ultimo anno cui hanno contribuito in particolare le donne, il Mezzogiorno e i giovani con meno di 35 anni», si legge nel Rapporto. «Più forte è l’incremento delle forze di lavoro potenziali, ovvero degli inattivi che vorrebbero lavorare ma non hanno svolto un’azione di ricerca attiva nell’ultimo mese oppure non sono subito disponibili a lavorare. Nel 2014 l’aggregato cresce di 283mila unità (+8,9 per cento), sfiorando i tre milioni e mezzo».

Disoccupazione, confronto tra Italia e Ue. Per la prima volta dal 2008, il tasso di disoccupazione scende nell’Unione europea (dal 10,8% del 2013 al 10,2) ma non in Italia, dove si attesta al 12,7% (+0,5 punti nell’ultimo anno). Le differenze tra il nostro Paese e l’Ue si accentuano per il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro (che comprende disoccupati e inattivi disponibili a lavorare). Nel 2014 l’indicatore si attesta al 22,9% in Italia e al 13,5% nell’Unione. Marcate le differenze per il gap di genere, che è di 8 punti in Italia e di 1,6 punti nell’Ue. Dopo due anni di calo, nel 2014 l’occupazione torna a crescere in Italia (+88 mila unità, pari allo 0,4%). Tuttavia, i divari territoriali non accennano a diminuire: la crescita riguarda soltanto il Centro-nord mentre il Mezzogiorno perde 45 mila occupati (-0,8%).

A crescere è soprattutto il part time
involontario, scelto in mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno: nel 2014, quasi due lavoratori a tempo parziale su tre (63,6%) avrebbero voluto un lavoro a tempo pieno. L’unica forma di lavoro che continua ad aumentare quasi ininterrottamente dall’inizio della crisi è il part time. Nel 2014 sono oltre 4 milioni i lavoratori a tempo parziale, il 18,4% sul totale degli occupati (32,2% tra le donne e 8,4% tra gli uomini). «Più che rispondere a un’esigenza di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro degli individui, il maggiore ricorso al tempo parziale sembra essere stata una delle strategie delle imprese per far fronte alla crisi», si legge nel Rapporto. L’incremento ha riguardato soprattutto quello involontario, «scelto in mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno: la sua incidenza sul totale degli occupati a orario ridotto è cresciuta dal 40,2 per cento nel 2008 al 63,6 nel 2014». L’Istat spiega: «In Italia l’incidenza degli occupati part time è più elevata tra i giovani (22,6 per cento per coloro che hanno fino a 34 anni) e tra gli stranieri (29,7 per cento). I settori in cui il tempo parziale è più diffuso sono gli alberghi e ristoranti (34,7 per cento), i servizi alle imprese (28,0 per cento) e i servizi alle famiglie (58,9 per cento); le professioni in cui si segnalano le maggiori incidenze di part time sono quelle non qualificate (38,3 per cento) e quelle svolte nelle attività commerciali e dei servizi (28,0 per cento)».

L’indice del clima di fiducia dei consumatori è aumentato nei primi mesi del 2015, con un leggero indebolimento ad aprile; il rafforzamento potrebbe preludere a un moderato miglioramento della spesa per consumi.

20 maggio 2015