Sono arrivati questa mattina, 27 febbraio, alle 4.30 all’aeroporto di Fiumicino i 113 profughi partiti dai campi in Etiopia grazie ai corridoi umanitari promossi dalla Chiesa italiana, nell’ambito di un protocollo siglato con lo Stato italiano. Eritrei, Somali, Sud Sudanesi: sono stati selezionati tra i più vulnerabili nei campi di accoglienza dell’Etiopia. Circa la metà sono bambini. Pronte ad accoglierli ci sono 18 diocesi italiane, che li integreranno nelle comunità locali grazie al progetto Caritas “Protetto. Rifugiato a casa mia”. In aeroporto, operatori della Caritas e della Comunità di Sant’Egidio, che ha siglato il protocollo con lo Stato italiano insieme alla Cei – che agisce attraverso Caritas italiana e fondazione Migrantes -, da cui arrivano i finanziamenti grazie all’8xmille alla Chiesa italiana.

Dopo il primo arrivo nel mese di novembre, entro un anno saranno 500 i profughi che raggiungeranno l’Italia attraverso i corridoi umanitari. Nei campi ne restano ancora oltre 800mila, fuggiti da Sud Sudan, Eritrea, Somalia, Sudan e Yemen. Per quelli arrivati oggi, intanto, inizia è tempo di un nuovo inizio. Operatori e volontari rinnovano l’invito a «rispettare le regole» e a confrontarsi con gli esperti Caritas in caso di problemi. «Non vi troveremo un lavoro perché non è facile nemmeno per gli italiani ma vi supporteremo per diventare autonomi», assicurano. L’ultima raccomandazione: non uscire dall’Italia una volta ottenuta la protezione umanitaria, «perché diventereste irregolari». In aeroporto, questa mattina, ad accoglierli c’era, tra gli altri, il segretario generale della Cei Nunzio Galantino, che ha invitato a evitare ogni forma di «sciacallaggio politico ed economico sui migranti». L’alternativa, ha assicurato, esiste ed è proprio la «bella lezione» che viene dall’esperienza dei corridoi umanitari. Quindi una proposta, a chi fa «sciacallaggio politico, anzi pseudopolitico» sui migranti, soprattutto in vista delle elezioni: «Dopo che avete raccattato quei quattro voti in più, andate in giro per l’Italia a visitare i centri Caritas, i centri dello Sprar o della Comunità di Sant’Egidio e guardate negli occhi queste persone e bambini: ditemi se potete continuare a speculare ancora sulla storia di queste persone».

«L’Italia non ha un problema di immigrazione, l’Italia ha un problema di integrazione», gli ha fatto eco il vice ministro degli Esteri Mario Giro, anche lui presente all’arrivo dei profughi dai campi dell’Etiopia. «È stato diffuso tanto allarmismo che ha seminato odio ma questo non corrisponde alla realtà. Bisogna far entrare nella nostra vita sociale tante persone di cui abbiamo bisogno». Ai profughi il suo benvenuto: «Siamo sicuri che qui potete costruire il vostro futuro. In voi vediamo dei fratelli, per questo vi accogliamo». Anche il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo ha ripreso le due parole chiave consegnate da Papa Francesco, accoglienza e integrazione, per ribadire che «non siamo qui per fare polemiche politiche, siamo qui per creare l’Italia di domani. Le polemiche finiranno ma l’integrazione sarà il nostro futuro». Rivolgendosi anche lui direttamente ai profughi, ha affermato: «L’Italia sarà il vostro Paese». Quindi ha espresso gratitudine «perché ci state già aiutando a rendere l’Italia un Paese migliore, bello e accogliente che sa capire la sofferenza degli altri. Le polemiche – ha precisato ancora Impagliazzo – non costruiscono; le risposte che stiamo dando creano l’Italia di domani. E voi sarete cittadini italiani tra qualche tempo e costruiremo insieme una Italia più bella».

27 febbraio 2018