Attacco a Erbil, Warda: «L’Iraq ha bisogno di messaggi di pace»

L’arcivescovo condanna il lancio di razzi contro le forze della Coalizione internazionale a guida Usa. «La visita del Papa diventa sempre più vitale»

Nella notte tra 15 e 16 febbraio sono tornati a volare razzi, a Erbil, nel Kurdistan iracheno, che si prepara a ricevere la visita di Papa Francesco, in programma per il 7 marzo. L’attacco era diretto tra la zona dell’aeroporto e la base delle forze della Coalizione internazionale a guida Usa a Erbil. Il bilancio provvisorio parla di «un morto, un contractor forse americano, e di sei feriti, uno dei quali militare Usa». A Erbil ci sono in tutto 3.500 soldati, tra cui anche 860 italiani, tutti impegnati nella missione internazionale “Prima Parthica”/“Inherent Resolve”, attiva dal 14 ottobre 2014 nel contrasto all’Isis. L’attacco, rivendicato dalla milizia filoiraniana Saray Awliya al-Dam, “I guardiani delle brigate del sangue”, è stato il primo in quasi due mesi contro postazioni militari e diplomatiche occidentali in Iraq.

Immediata la «ferma condanna» dell’arcivescovo caldeo di Erbil Bashar Matti Warda, che rinnova comunque la certezza nella visita del Papa, perché «il Paese ha estremo bisogno di parole di speranza su cui costruire un futuro di pace e di convivenza, basato sul rispetto dei diritti e sulla giustizia». L’Iraq, aggiunge, «ha bisogno di altro genere di messaggi che non sono i missili o gli attentati; le parole del nostro futuro devono essere riconciliazione, coesistenza, rispetto dei diritti. Dobbiamo uscire da questo tunnel di violenza e di attacchi, per questo la visita del Papa diventa sempre più vitale per tutto il nostro Paese e non solo, anche per tutta l’area mediorientale. Quello che arriva da Erbil e dall’Iraq – ancora le parole del presule – non è il messaggio di cui il nostro Paese ha bisogno. Condanniamo fermamente l’attacco e siamo pronti ad ascoltare e mettere in pratica le parole che Papa Francesco vorrà donarci».

Un attacco analogo all’aeroporto di Erbil si era verificato nel gennaio del 2020, pochi giorni dopo l’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani avvenuta all’aeroporto di Baghdad. Risale al 21 gennaio scorso, invece, un doppio attentato suicida in piazza Tayaran, nel centro di Baghdad, che ha provocato decine di vittime e circa 100 feriti. Le modalità di attuazione fanno ricordare quelle messe in atto dallo Stato Islamico. In quella occasione il patriarca caldeo Louis Raphael Sako aveva parlato di «messaggio di morte, che forse ha a che fare con il ritiro dei soldati Usa dal Paese, o con il progetto elettorale».

17 febbraio 2021