Attacchi a Rafah: a rischio il lavoro umanitario

Azione contro la fame denuncia la minaccia costituita dall’escalation di violenza nel sud di Gaza. «È una delle aree con le operazioni più attive, dove si trovano molti colleghi»

«Se le operazioni militari a Rafah continueranno e si espanderanno, Azione contro la fame sarà costretta a sospendere le sue attività a Rafah». Noelia Monge, responsabile delle emergenze dell’organizzazione, denuncia l’ulteriore minaccia per gli aiuti umanitari legati all’attuale escalation di volenza nel sud di Gaza, in una crisi senza precedenti. «Anche se lavoriamo in tutta la Striscia, questa è una delle aree in cui abbiamo le operazioni più attive e dove si trovano molti dei nostri colleghi», avverte.

Trasporto dell’acqua, raccolta dei rifiuti solidi, servizi di pulizia e distribuzione di kit igienici e di cibo. Queste le attività  – «salvavita» – che verrebbero praticamente interrotte, «privando una popolazione dei suoi bisogni più elementari e costringendola a trasferirsi ancora una volta nel momento in cui ha più bisogno di noi. Dieci membri del nostro staff e le loro famiglie saranno costretti a fuggire, ancora una volta, e perderemo l’accesso al nostro ufficio, al magazzino e alla foresteria di recente costruzione», sono ancora le parole di Monge.

Negli ultimi 4 mesi, Azione contro la fame ha fornito cesti di cibo fresco e secco, assistenza in denaro e attività idriche e igieniche a circa 320mila persone intrappolate a Rafah, tra cui donne incinte, madri che allattano, neonati e famiglie con bambini a carico. «L’interruzione di queste attività avrebbe ripercussioni incalcolabili – mettono in guardia dall’organizzazione -, soprattutto quando più di mezzo milione di persone si trova ad affrontare condizioni catastrofiche di insicurezza alimentare, ancora più allarmante perché si tratta della percentuale più alta rispetto ad altre popolazioni in crisi di sicurezza alimentare, e al di sopra dei record globali della classificazione integrata delle fasi di sicurezza alimentare».

In questa situazione, la mancanza di acqua e servizi igienici adeguati ha portato al diffondersi di diarrea e malattie. L’Organizzazione mondiale della sanità ha riportato più di 161mila casi di diarrea (di cui circa 85mila in bambini sotto i cinque anni) e quasi 246mila casi di malattie respiratorie acute nella Striscia di Gaza. «Tuttavia, i servizi di pulizia, le latrine mobili e la raccolta dei rifiuti solidi, portati avanti da Azione contro la fame, raggiungono almeno 350mila persone a Rafah. Altri servizi, come rifugi e kit igienici, raggiungono più di 87mila persone. Le operazioni militari a Rafah minacciano la continuità di questi servizi, che mitigano una crisi di natura complessa».

A limitare in modo significativo la risposta umanitaria di Azione contro la fame a Gaza sono, già da tempo, la continua mancanza di sicurezza, accesso, forniture e spazio per operare. «Qualsiasi iniziativa che non sia un cessate il fuoco immediato e un massiccio aumento degli aiuti – avvertono – rappresenterebbe un fallimento storico nella protezione dei civili nei conflitti armati». Di qui l’invito a comunità internazionale e donatori a «prendere tutte le misure possibili per raggiungere questo obiettivo: proteggere i civili, garantire gli aiuti umanitari ed evitare ripercussioni ancora più gravi da questa crisi».

13 febbraio 2024.