Arquata del Tronto: «Il sisma continua ad ucciderci in silenzio»
Nelle zone terremotate una ricognizione del IV meeting dei “Giornalisti cattolici e non”. Il sindaco: «Tanti concittadini si stanno lasciando andare»
Nelle zone terremotate una ricognizione del IV meeting dei “Giornalisti cattolici e non”. Il sindaco: «Tanti concittadini si stanno lasciando andare»
In che direzione sta andando la comunicazione? Come difendersi dalle fake news che circolano in rete? Come destreggiarsi tra le innumerevoli nuove fonti di informazione sulle quali oggi si impongono i social network? Questi alcuni degli argomenti trattati a Grottammare (Ascoli Piceno) da giovedì 22 a domenica 25 giugno durante il IV meeting nazionale “Giornalisti cattolici e non” che quest’anno ha preso spunto da una frase di Papa Francesco contenuta nell’enciclica “Laudato sì”: «Tutto nel mondo è intimamente connesso».
Oltre 200 giornalisti, giunti da ogni parte d’Italia, hanno partecipato ad incontri, tavole rotonde, corsi di formazione e laboratori di approfondimento tenuti da una trentina di relatori tra i quali: monsignor Dario Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, Marco Tarquinio, direttore del quotidiano Avvenire, Paolo Ruffini, direttore di Tv2000 e InBlu, Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo (intervenuto telefonicamente), don Adriano Bianchi, presidente Fisc, monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini, vicepresidente della conferenza dei vescovi latini nelle regioni arabe.
A dieci mesi esatti dal terremoto che il 24 agosto 2016 ha colpito il Centro Italia, il meeting è stato anche l’occasione per toccare con mano lo scenario e le drammatiche conseguenze che il sisma ha lasciato dietro di sé. Simone Incicco, organizzatore dell’evento, ha riservato il pomeriggio di venerdì alla visita nella zona rossa di Arquata del Tronto e nell’ormai inesistente Pescara del Tronto, due paesi rasi al suolo: case, scuole, chiese, esercizi commerciali ridotti a enormi cumuli di macerie. Tonnellate di detriti a perdita d’occhio e intorno silenzio, annullamento e assenza. Cinquantuno le vittime, mentre i sopravvissuti sono ancora ospiti di strutture ad Ascoli Piceno o sulla costa. Qualcuno torna di giorno per portare da mangiare agli animali sotto lo stretto controllo dei vigili del fuoco e dei carabinieri. Le scosse, seppur di minor entità, sono pressoché continue.
Particolarmente dolorosa la condizione degli anziani: il sindaco di Arquata, Aleandro Petrucci, dice di sentirsi «l’amministratore di una casa diroccata senza più abitanti». Tanti suoi concittadini «si stanno letteralmente lasciando andare. Il sisma li sta uccidendo anche a mesi di distanza. Combattiamo e reagiamo anche per loro». In questi giorni stanno consegnando alcune delle tanto attese casette ma non potranno essere assegnate prima di qualche settimana, tempo necessario per allacciare le utenze di luce e acqua. Monsignor Giuseppe Petrocchi, arcivescovo de L’Aquila, è nato e cresciuto in queste zone. “Don Pino”, come lo chiamano i cittadini, guardandosi intorno si commuove più volte. Invita i giornalisti a non fermare lo sguardo sulle macerie ma a “vedere” oltre per cogliere il trauma di quella gente che in una manciata di secondi ha perso tutto.
«Non siate spettatori ma partecipi – ha detto –. Immaginate che ci foste voi in quelle case. Si può capire il dramma di chi ha subito il terremoto solo se si entra in empatia immedesimandosi nel suo dolore che non va anestetizzato ma ha diritto di essere vissuto». Lo sciame sismico continua a farsi sentire anche a L’Aquila dove gli abitanti «non sono ex terremotati ma “ri-terremotati” perché le scosse sono frequenti e continuano a causare danni anche se non se ne parla». Monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, tra i primi ad arrivare ad Arquata, ha consacrato la sua vita ai terremotati.
Fu nominato vescovo de L’Aquila sette mesi dopo il sisma del 6 aprile 2009: «dal terremoto non si rinasce ma si nasce – ha affermato –. La cosa fondamentale è stare costantemente accanto alla gente perché con il trascorrere dei mesi emerge tutta la rabbia che una persona si porta dentro. La ripresa non sarà facile ma bisogna saper sognare». Invita a guardarsi intorno, a vedere come tutto è «ridotto a brecciolino», e a compiere un pellegrinaggio del dolore, per asciugare le lacrime, della memoria, per ricordare chi non c’è più e della speranza perché dopo la morte c’è sempre la resurrezione.
Monsignor D’Ercole ricorda ancora con rammarico il vano tentativo di recupero del Santissimo Sacramento dalle macerie di una chiesa dalla quale, però, ha recuperato il crocifisso nello stesso momento in cui i vigili del fuoco estraevano viva la piccola Giorgia, 4 anni, salvata dalla sorellina di soli 9 anni, Giulia, che prima di morire le aveva fatto scudo con il suo corpo. «La morte e la vita si erano affrontate – ha aggiunto monsignor D’Ercole – la vita aveva vinto». Simona Brandi, una residente che ha perso tutto ma da qualche settimana, grazie alla diocesi, ha avviato una nuova attività commerciale «per dare l’esempio che ci si può risollevare» e Gino Sabatini, presidente della Camera di Commercio di Ascoli Piceno, lamentano le lungaggini burocratiche. «È giusto che ci siano legalità e trasparenza – ha affermato Sabatini – ma oggi queste bloccano la burocrazia. Bisognerebbe invece intervenire con cuore, cervello e passione». «Abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati» ha concluso Roberto Paoletti, coordinatore provinciale di Confcommercio.
26 giugno 2017