Armeni, il Papa: «Da vostra tragedia monito per tutti»

A 100 anni dal genocidio, Francesco proclama dottore della Chiesa San Gregorio di Narek: «Si riprenda il cammino di riconciliazione con i turchi»

A 100 anni dal genocidio armeno, Francesco proclama dottore della Chiesa San Gregorio di Narek: «Si riprenda il cammino di riconciliazione con i turchi»

Un «orribile massacro», un «vero martirio nel quale molti innocenti morirono da confessori e martiri per il nome di Cristo». Papa Francesco ha usato quella «franchezza» di cui oggi parla nella sua omelia a Santa Marta per riferirsi al popolo armeno nel giorno del ricordo del “Metz Yeghern”, il “Grande male”. A cento anni dal Genocidio operato dai turchi, a San Pietro, il Papa ha ricordato quei giorni nel corso di una celebrazione liturgica, ieri 12 aprile, al termine della quale ha consegnato il suo messaggio a Karenin II, supremo patriarca e catholicos di Tutti gli Armeni, Aram I catholicos della Grande casa di Cilicia, Nerses Bedros XIX Tarmouni, patriarca di Cilicia degli armeni cattolici e a Serž Sargsyan, presidente della Repubblica di Armenia.

Nel corso della celebrazione, Francesco ha anche proclamato San Gregorio di Narek “dottore della chiesa”. «In questa ricorrenza – ha continuato il Papa – provo un sentimento di forte vicinanza al vostro popolo e desidero unirmi spiritualmente alle preghiere che si levano dai vostri cuori, dalle vostre famiglie, dalle vostre comunità. La fede ha accompagnato e sorretto il vostro popolo anche nel tragico evento di cento anni fa».

Per il Papa, «fare memoria di quanto accaduto è doveroso non solo per il popolo armeno e per la Chiesa universale, ma per l’intera famiglia umana, perché il monito che viene da questa tragedia ci liberi dal ricadere in simili orrori, che offendono Dio e la dignità umana». Anche ai nostri giorni «questi conflitti talvolta degenerano in violenze ingiustificabili, fomentate strumentalizzando le diversità etniche e religiose». Per questo motivo, «tutti coloro che sono posti a capo delle Nazioni e delle organizzazioni internazionali sono chiamati ad opporsi a tali crimini con ferma responsabilità, senza cedere ad ambiguità e compromessi».

Nello stesso messaggio, Francesco ha espresso l’auspicio che «questa dolorosa ricorrenza diventi per tutti motivo di riflessione umile e sincera e di apertura del cuore al perdono, che è fonte di pace e di rinnovata speranza e che Dio conceda che si riprenda il cammino di riconciliazione tra il popolo armeno e quello turco, e la pace sorga anche nel Nagorno Karabakh». Si tratta «di popoli che, in passato, nonostante contrasti e tensioni, hanno vissuto lunghi periodi di pacifica convivenza, e persino nel turbine delle violenze hanno visto casi di solidarietà e di aiuto reciproco».

«Solo con questo spirito – ha sottolineato o Francesco – le nuove generazioni possono aprirsi a un futuro migliore e il sacrificio di molti può diventare seme di giustizia e di pace». Per i cristiani, «questo sia soprattutto un tempo forte di preghiera, affinché il sangue versato, per la forza redentrice del sacrificio di Cristo, operi il prodigio della piena unità tra i suoi discepoli». In particolare «rinsaldi i legami di fraterna amicizia che già uniscono la Chiesa Cattolica e la Chiesa armena apostolica. La testimonianza di tanti fratelli e sorelle che, inermi, hanno sacrificato la vita per la loro fede, accomuna le diverse confessioni: è l’ecumenismo del sangue, che condusse san Giovanni Paolo II a celebrare insieme, durante il Giubileo del 2000, tutti i martiri del XX secolo».

 

13 aprile 2015