Uno, nessuno e centomila: le identità che cambiano

di Angelo Peluso

Amare è sempre l’incontro tra un sogno, un ideale e una speranza: il sogno di creare un’atmosfera magica con un’altra persona per sempre, l’ideale di costruire qualcosa che vada oltre la coppia stessa e poter lasciare nel tempo una traccia di sé, la speranza di trovare la possibilità di esprimere la propria personalità in un continuo canto di gioia. C’è chi si sente molto ricco per poco e chi si sente molto povero pur avendo molto (è sempre il metro di valutazione che ognuno si dà a stabilire le variabili).

Il variare delle emozioni rispecchia le diverse identità della nostra vita sin dall’adolescenza; la vera salute mentale è accettarsi a cominciare proprio dai nostri tratti adolescenziali che spesso nascono dall’illusione di poter riscrivere ciò che non è andato come si desiderava e lasciare spazio, perciò, a qualunque sogno ad occhi aperti.

La freddezza in un rapporto di coppia non nasce all’improvviso per uno specifico episodio, ma è qualcosa che si instaura giorno dopo giorno per la percezione di un egoismo dell’altro che spinge – in un circolo vizioso ormai senza fine – a rinchiudersi in se stessi. In alcune storie si è potuto constatare come la separazione tra le due persone nasce addirittura il giorno stesso del matrimonio quando emergono aspetti fino ad allora trascurati.

Proprio per questo l’amore deve essere come una pianta da annaffiare ogni giorno in mille occasioni e particolarmente quando emergono le differenze di carattere e opinioni diverse. Nessuno deve mai dare per scontata la propria ragione, ma deve portare argomenti convincenti alla propria opinione. Arrivando comunque a definire che avere idee diverse su persone, eventi, situazioni non significa che non ci sia più amore tra i due e che ormai bisogna prendere strade diverse.

Molte separazioni sono frutto o della superficialità iniziale su cui è nato il rapporto o della eccessiva istintività nel prendere decisioni più per orgoglio che per convinzione.

La nostra vita è una continua crescita e come tale è soggetta a fisiologiche tempeste emotive che accompagnano la trasformazione del nostro corpo. Oggi si dà maggiore importanza alla terza età che è stata riscoperta in tutta la sua creatività forse perché ci si è accorti che fra poco saranno tanti gli anziani.

«L’esistenza non comporta soltanto un aspetto fisico. Le persone più vecchie possono essere molto più vive dei giovani, perché hanno sperimentato più cose. Il problema della vecchiaia è dato dal fatto che, per paura della morte che si avvicina, gli uomini cominciano ad avere terrore di vivere. Non capiscono che è solo la conclusione di una tappa a rendere possibile il passo successivo: la Natura non compie mai dei balzi. Come non spezza i rami giovani, non impedisce che un albero, vecchio e stanco, cessi di esistere. Questo è ciò che chiamiamo ordine naturale delle cose. Tante volte mi immagino dopo la morte, mentre lentamente ritorno agli elementi del suolo: è il grande abbandono, che trasforma tutto in silenzio e calma, affinché le cose possano rinascere. L’età prepara il mio corpo a fertilizzare la terra da cui sono venuto. L’autunno del corpo conduce all’inverno, e l’inverno è necessario perché possa sopraggiungere una nuova primavera. Allo stesso modo, il mio spirito si sposta da una tappa all’altra, sapendo che ogni stagione ha le sue qualità e i suoi difetti» (Gibran).

I mass media hanno messo in moto tutti i possibili mercati che ruotano attorno alla terza età dalle palestre ai beauty center per non parlare della farmacologia che possono aiutare a restare giovani. «Vecchio è bello»: è il nuovo il paradosso dei mercati rispetto al passato che invece investiva tutto sull’adolescenza. Ma una terza età vissuta affettivamente bene non nasce all’improvviso perché è sempre la storia che l’ ha preceduta a caratterizzarne la qualità: una adolescenza mal vissuta, una sessualità inespressa storie affettive malinconiche incidono notevolmente negli anni.

«Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell’animo nostro» (Epicuro).

«La vita si divide in tre momenti: passato, presente, futuro. Di questi il presente è breve, il futuro dubbio, il passato certo. Su quest’ultimo la sorte ha perduto ogni potere…; basta un cenno e il passato ci starà davanti e lo potremo valutare e trattenere…; il presente è brevissimo, tanto da poter sembrare inesistente: infatti è sempre in movimento, scorre, precipita, cessa di essere prima ancora di arrivare» (Seneca).

È la triade “memoria, apprendimento ed emotività” che costituiscono l’essenza dell’esperienza: la memoria permette di mantenere una traccia degli eventi passati, l’apprendimento permette di trarre da questi eventi e dalla loro traccia una lezione progressiva necessaria per affrontare il mondo e la vita stessa, e l’emotività è un condimento affettivo dell’esperienza che integra, soccorre e spesso condiziona l’elaborazione dell’informazione.

“Camminare insieme, riscoprirsi insieme, inventare nuovi mondi relazionali insieme”, deve essere l’imperativo per non perdersi in uno dei momenti più delicati della vita. Il passare degli anni non deve diventare “una fase calante e inevitabile verso la morte”, ma il rinforzo di una identità diversa, più matura e funzionale che va messa al servizio delle altre generazioni (dai figli all’ambiente esterno).

27 novembre 2009

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