Una gradevole “cuoca del Presidente”

La divertente commedia francese mette in scena la storia della rinomata chef Hortense che approda all’Eliseo per diventare responsabile di ciò che mangia il presidente di Massimo Giraldi

Un primo piano, tra i film in sala in questo fine settimana, c’è “La cuoca del Presidente”, una svagata, divertente commedia francese. Gli appassionati che dividono i film secondo gli argomenti trattati possono andare subito sotto il comparto «cinema e cibo»: un contenitore ormai ricco e nutrito, dove si possono trovare accanto “La grande abbuffata”, “Il pranzo di Babette”, “Lunga vita alla Signora”. Poi ci sono le sottosezioni, perché qui si parla di una donna (cucina al femminile) e di una istituzione importante come la presidenza della Repubblica francese.

E, se ancora non basta, si può evidenziare anche il rapporto realtà/finzione. All’origine c’è infatti Danielle Mazet Delpeuch, una signora dolce ed elegante, tornata oggi a vivere nel Perigord. La cronaca ricorda che nel 1997 Danielle ha scritto e pubblicato il libro “Mes carnets de cuisine, du Perigord à l’Elisée” e che ha cucinato per François Mitterand in persona. Nel film la vera Danielle si chiama Hortense Laborit. Cuoca rinomata, la sua fama si è estesa dal Perigord, dove è nata e risiede, al resto della Francia. Tuttavia con grande sorpresa riceve un giorno un invito da parte dell’Eliseo e apprende che il presidente della Repubblica la vuole nominare responsabile della sua cucina personale. Hortense accetta e si mette al lavoro con entusiasmo.

Dopo un primo periodo di adattamento, tuttavia cominciano i contrasti: sulla scelta dei menù, su come prepararli, sulla divisione dei compiti tra la principale e le altre cucine del Palazzo. Carattere deciso e autoritario, Hortense crea non pochi malumori rispetto a chef ben più navigati di lei. E, più tardi, anche la scelta fatta a favore di prodotti rari e ricercati ma molto costosi le procura richiami da parte dell’amministrazione. Dopo due anni di permanenza, Hortense ritiene di non poter più continuare e si congeda dall’Eliseo. Ma la storia è raccontata attraverso un flashback che qui non anticipiamo.

Gli autori del copione dicono che «la sceneggiatura è un miscuglio di cose realmente accadute e di elementi inventati di sana pianta. Era importante far emergere l’effetto «elefante nella cristalleria» provocato dall’arrivo di Hortense all’Eliseo. Umorismo, note di costume, quadretti pungenti e bonari, entusiasmo, rivalità, gioie e dolori, cibo in primo piano, ricette gustose e saporite, specchio di una cultura antica e nobile. Il racconto scorre con una invidiabile piacevolezza narrativa. Ma non prova mai ad andare oltre. Ossia a fare di ciò che racconta occasione per qualche riflessione più ampia. Gradevole e gustoso come un piatto da giorno di festa.

11 marzo 2013

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