Un saggio per un nuovo umanesimo

Giuliano Ladolfi scrive una sorta di manifesto per una rinascita umanistica, dedicato alla poesia e alla letteratura di Andrea Monda

Già nella prima metà dell’800 Soren Kierkegaard l’aveva profetizzato: siamo passeggeri di una nave e la voce che si sente dall’altoparlante non è più quella del capitano che detta la rotta, ma quella del cuoco che ci informa sul menù del giorno. È un quadro che si attaglia perfettamente (e dolentemente) alla situazione della contemporaneità che il sociologo Zygmunt Bauman ha definito «liquida», con tutti i rischi intrinseci a questa condizione (precarietà, frantumazione dell’io e di ogni certezza, relativismo, angoscia…), una situazione pericolosa quindi ma anche, osserva Giuliano Ladolfi, «decisamente nuova: occorre infatti, individuare percorsi originali per costruire una nuova sintesi conoscitiva, mai definitiva per altro, superando la tentazione di ancorarsi a salde certezze, anzi facendo della provvisorietà lo strumento più stimolante dello sviluppo».

Questo è il punto di partenza del nuovo saggio di Giuliano Ladolfi, quasi un «manifesto» come da tempo non se ne vedevano, per un causa impegnativa, nobile, indicata dall’altisonante titolo: “Per un nuovo umanesimo letterario”. Ladolfi, che è preside di scuola nella provincia di Novara, direttore di Atelier, preziosa e prestigiosa rivista di poesia, è però innanzitutto poeta. Per lui la poesia è ciò che c’è innanzi-tutto, perché almeno in Occidente ogni tipo di concettualizzazione (religiosa, filosofica, civile, sociale, letteraria) ha trovato nella parola poetica «il suo centro ipostatico e ispiratore».

Per Ladolfi, quindi, la poesia è qualcosa di molto serio, anche perché accetta la tesi di Friedrich Schlegel secondo cui «la storia della letteratura è la somma manifestazione dello spirito umano nel suo divenire» e quindi è e vuole essere innanzitutto poeta, così come lo erano i filosofi pre-socratici o come alcuni antichi teologi, quelli ad esempio di cui parlava con delicata nostalgia Karl Rahner quando si riferiva «ai bei tempi nei quali i grandi teologi erano anche poeti e componevano inni»: Ignazio di Antiochia, Metodio d’Olimpo, Adamo di San Vittore, Bonaventura, Tommaso D’Aquino e altri ancora. È un testo quindi molto ponderoso (mai pedante, sempre stimolante) pur nella sua brevità, questo «manifesto» per una nuova rinascita umanistica, di cui Ladolfi avverte l’urgente bisogno, perché non si rassegna a vivere nell’asfittica condizione che scaturisce dai cocci spezzati con l’avvento del Decadentismo e la definitiva separazione avviata già dai tempi di Cartesio, tra «ordo rerum» e «ordo idearum».

Si avverte ogni tanto la puntura del sentimento della nostalgia e anche dello sdegno ma, soprattutto, una grande fiducia nella letteratura che, come afferma Todorov nella citazione posta in esergo al saggio, «apre all’infinito la possibilità d’interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente».

“Per un nuovo umanesimo letterario”, di Giuliano Ladolfi, Interlinea, Novara 2009, pagg. 95, 15 euro.

15 febbraio 2010

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