“Tsotsi”, storia di riscatto nei ghetti del Sud Africa

Miglior film straniero nell’assegnazione degli Oscar 2006, che esprime in maniera commovente valori semplici di Massimo Giraldi

Il premio Oscar 2006 per il miglior film straniero andato al sudafricano “Tsotsi” è da considerare meritato e opportuno. In Italia esce con il titolo “Il suo nome è Tsotsi” (nella foto un particolare della locandina), ossia “gangster” nel linguaggio di strada e nei ghetti in Sud Africa. Il soprannome appartiene a un diciannovenne, cresciuto da orfano tra gravi privazioni sociali e psicologiche. Tsotsi è un piccolo capobanda e vive di furti e rapine. Una sera ruba una macchina e solo più tardi si accorge che sul sedile posteriore c’è un neonato. Sorpreso e spiazzato, Tsotsi lo porta nel proprio misero appartamento e, messo di fronte a problemi sconosciuti, avvicina una donna con un neonato, la costringe ad allattare il piccolo. I modi aggressivi però a poco a poco si stemperano. Fino alla decisione di restituire il piccolo alla mamma e di arrendersi alla polizia.

Tratto da un romanzo di Athol Fugare, “Tsotsi” è la radiografia, accorata e dolorosa, di un cammino di pentimento e di maturazione originato dalla scintilla della vita nascente, per la quale il ragazzo capisce che un futuro di violenza può non essere così ineluttabile. Film lucido e commovente, fatto di valori semplici ma detti con chiarezza.

12 marzo 2006

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