Telemedicina, per evitare l’ospedalizzazione

Al San Giovanni – Addolorata, grazie alla collaborazione con Comunità di Sant’Egidio e Hp, l’inaugurazione del nuovo reparto informatizzato che garantirà assistenza sanitaria a distanza di Matteo Raimondi

Se lo spazio e il tempo dimostrano di potersi dilatare, grazie alla convergenza dei media in sempre più efficaci mezzi di comunicazione, anche la scienza cerca di oltrepassare le barriere fisiche e diventare globale. È la sfida lanciata dalla telemedicina, ovvero l’insieme delle tecniche mediche e informatiche che permettono di fornire servizi di assistenza sanitaria a distanza. A Roma l’azienda ospedaliera San Giovanni – Addolorata, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio e grazie alla partnership di Hp, è la prima ad aver sviluppato un reparto specializzato in telemedicina. Le prospettive della “medicina a distanza” sono state presentate durante il convegno inaugurale “L’avvento della telemedicina” svoltosi ieri (15 dicembre) nella Sala Folchi del San Giovanni (piazza San Giovanni in Laterano 76).

Lo sviluppo della telemedicina rende concreta l’idea della de-ospedalizzazione indicata dalla Regione Lazio in linea con le prospettive della Commissione Europea. «Nella sola fase sperimentale – ha affermato Luigi D’Elia, direttore generale dell’azienda ospedaliera – i risultati in termini di miglioramento della condizione psichica dei pazienti e di risparmio economico sono stati incoraggianti. Le tecniche di assistenza a distanza hanno permesso un risparmio effettivo di oltre 700mila euro. È fondamentale – ha proseguito – che lo sforzo, anche da parte delle istituzioni, ora si concretizzi in atti importanti per questo progetto. Va compreso che abbiamo in mano una chiave di volta per il futuro della medicina».

«È un modello di sanità che può rispondere ai bisogni dei malati cronici e limitare i giorni di degenza», ha spiegato il direttore sanitario aziendale Francesco Cortese. «L’impegno mio e del dottor Bartolo (dirigente responsabile del reparto di telemedicina, ndr) è stato molto serio. Il nostro obiettivo è quello di abbattere i tassi di ospedalizzazione per quelle patologie che non richiedono necessariamente il ricovero. La logica conseguenza è una razionalizzazione della spesa, e la Telemedicina si pone come caposaldo nell’ambito di queste scelte».

Telemedicina è anche cooperazione internazionale. Lo ha ricordato Michelangelo Bartolo parlando dell’importanza che può assumere dal punto di vista della formazione “e-learning” dei medici africani: «Il nuovo centro servizi offre assistenza e formazione. Al fianco del programma Dream di Sant’Egidio possiamo controllare molti paesi dell’Africa sub-sahariana. Si contribuisce a formare personale specializzato, a monitorare farmacie e centri clinici».

Testimone di una necessaria cooperazione internazionale è stato Azìm Msuya, rappresentante del ministero della sanità della Tanzania. «Grazie al collegamento con la cardiologia del San Giovanni molti risultati sono stati ottenuti in Africa, ma molti ancora sono gli obiettivi. Il numero di pazienti in è in aumento. Serve più assistenza».

Monsignor Matteo Zuppi, assistente ecclesiastico di Sant’Egidio, ha voluto evidenziare come l’informatica possa «estendere in modo radicale gli orizzonti della solidarietà. È il tempo dell’Avvento e della novità. Se c’è novità c’è speranza. La Comunità di Sant’Egidio, impegnata a sostegno degli anziani, non può che sostenere un simile progetto, proiettato verso uno sviluppo delle politiche sanitarie».

Monsignor Franco Cece, cappellano dell’Addolorata, ha benedetto i nuovi locali, e ricordato che è «con il lavoro delle mani e l’invenzione della tecnica, che l’uomo collabora con Dio. Riconosciamo nelle conquiste dell’uomo la capacità del Signore, poiché è nelle tappe del progresso umano che manifesta la sua potenza».

16 dicembre 2009

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