Sudan, «preoccupazione» per i cristiani

A esprimerla è stato monsignor Hiiboro Kussala, vescovo della diocesi sudsudanese di Tambura-Yambio: «I cristiani sono trattati come cittadini di seconda classe. Vescovi costretti al silenzio» di R. S.

«La situazione giuridica dei cristiani in Sudan è davvero preoccupante». A dichiararlo ad Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) è stato il vescovo della diocesi sudsudanese di Tambura-Yambio, monsignor Eduardo Hiiboro Kussala. Sebbene la costituzione garantisca pari diritti a tutti i sudanesi, senza alcuna distinzione di credo, «i cristiani – riporta Acs – sono considerati e trattati come cittadini di seconda classe». «I membri del clero non possono ottenere il passaporto e quando lasciano il Paese non sanno mai se potranno farvi ritorno – racconta il presule -, molti sacerdoti sono stati espulsi e i vescovi sono costretti al silenzio perché non possono esprimere liberamente le proprie opinioni».

Da quanto si viene a sapere, ai cristiani è permesso assistere alle celebrazioni liturgiche, anche se Khartoum non tutela la libertà religiosa. Sebbene la discriminazione dei cristiani non costituisca un fenomeno nuovo in Sudan, in seguito alla secessione del sud a maggioranza cristiana, nel luglio 2011, la situazione è nettamente peggiorata. La Chiesa sudanese ha apertamente sostenuto la nascita del Sud Sudan, richiamando più volte le autorità al rispetto della volontà dei cittadini, «e ora è ritenuta responsabile della separazione dei due Stati».

14 luglio 2014

Potrebbe piacerti anche