Sostegno alla vita: l’impegno delle parrocchie
Ancora sul tema della tutela di ogni esistenza, anticipiamo l’editoriale che sarà pubblicato su Roma sette di domenica 4 dicembre di Angelo Zema
La vita da difendere di Federica Cifelli
«È nostro dovere aiutare quei giovani che si trovano in particolare disagio e difficoltà a ritrovare la speranza e l’amore alla vita, a guardare con fiducia e serenità a progetti di matrimonio e famiglia, a servire la cultura della vita e non quella della morte». È l’appello lanciato dai vescovi italiani nel Messaggio per la XXVIII Giornata per la vita, che la Chiesa italiana celebrerà il 5 febbraio prossimo. Nel testo, reso noto nei giorni scorsi, i vescovi sottolineano che «davanti alla piaga dell’aborto tutti siamo chiamati a fare ogni sforzo per aiutare le donne ad accogliere la vita. Il rispetto della vita, infatti, comincia dalla tutela della vita di chi è più debole e indifeso. Rispettare la vita, in questo contesto, significa anche fare tutto il possibile per salvarla». È l’impegno che quotidianamente viene posto in atto anche nella nostra diocesi, grazie in primo luogo alle parrocchie, dal centro alla periferia, dove i sacerdoti, e in molti casi anche laici qualificati, sono accanto alle sofferenze, ai dubbi, alle domande di donne indecise se proseguire la gravidanza, offrendo la loro capacità e disponibilità all’ascolto, indicando i riferimenti delle varie strutture – dai centri del Movimento per la vita al Segretariato sociale per la vita ai consultori operanti in vari punti della città al servizio della dignità della persona – che lavorano con paziente determinazione su questo fronte così importante, ottenendo frutti impagabili: nuove vite umane.
La parrocchia è veramente, secondo l’espressione cara a Giovanni XXIII, la “fontana del villaggio” per tutti coloro che sono in difficoltà e particolarmente per le donne che stanno per dare alla luce un bambino, per le famiglie che vivono situazioni di disagio non solo economico, per i giovani e gli adolescenti alle prese con i problemi di droga, alcol, o coinvolti in comportamenti che, come sottolineano i vescovi, «dicono soprattutto indifferenza per la vita e i suoi valori; scarso amore per se stessi e per gli altri». E “fontane del villaggio” sono anche tante comunità religiose, tra cui quelle in prima linea sul fronte della tratta: ricordiamo ancora le lacrime di una giovane nigeriana, di cui avevamo raccolto la testimonianza nel recente passato su “Roma Sette”; costretta a prostituirsi, pur incinta, era stata salvata proprio dalle suore e accolta in una casa con la sua piccola venuta alla luce. È straordinario questo lavoro silenzioso, discreto, prezioso, del “popolo della vita”, così unito in occasione del referendum sulla procreazione assistita. E fanno tristezza i tentativi – da qualunque parte provengano – di contestare ciò che ogni giorno si fa in nome della vita. Ciò che si fa per la gloria di Dio, per il bene dell’uomo, della donna che bussa alle porte di una parrocchia o di una comunità religiosa o di una realtà ecclesiale. E chiede aiuto. È nostro dovere tutelare la vita, sostenere la speranza. Infondere fiducia. Informare, sensibilizzare per aiutare tutti a comprendere meglio il valore della vita. Uniti.
2 dicembre 2005