Rebibbia, tre detenuti si laureano grazie alla teledidattica

Angiolo Marroni, Garante dei Detenuti del Lazio, è il curatore del progetto: «L’augurio è quello che si moltiplichino i poli universitari nelle carceri. Il diritto allo studio è il più oltraggiato» di Redattore Sociale

Rebibbia ha i suoi primi studenti laureati. Nella mattinata di ieri, 9 luglio, nella cornice del Teatro del Carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, si sono svolte le sedute di laurea di tre detenuti. Avrebbe dovuto esserci anche un quarto, ma, essendogli stata accolta la richiesta di trasferimento in Albania, molto probabilmente, discuterà la sua tesi via Skype, in accordo con l’Ambasciata di Tirana. Il riconoscimento dei tre studenti arriva all’interno di un progetto di collaborazione tra il carcere di Rebibbia, nella figura del Garante dei Detenuti, Angiolo Marroni, e dell’Università di Tor Vergata, “Teleuniversità”. I tre studenti, reclusi nel reparto di Alta Sicurezza, hanno avuto la possibilità di seguire le lezioni e sostenere esami in modalità teledidattica, pur restando chiusi nella struttura di detenzione.

La teledidattica è un settore importante del progetto S.U.P. (Sistema Universitario Penitenziario), modello ideato da Marroni, ma che unisce figure istituzionali eminenti, come la Conferenza dei Rettori delle Università del Lazio, Laziodisu, Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, le carceri del Lazio, il Dap, la Regione Lazio e le Università di Roma Tre, de La Sapienza, de La Tuscia, Cassino e Tor Vergata. Il servizio ha assunto un rilievo tale da aver ottenuto le lodi del Ministero della Giustizia, al punto che, i detenuti che in Italia esprimessero il desiderio di laurearsi, potranno essere trasferiti nella struttura di Rebibbia.

Attualmente sono circa 100 i detenuti che, a Rebibbia, frequentano corsi universitari, 24 solo nel reparto di Alta Sicurezza, circa 500 , invece, coloro che seguono altri corsi di studio, inferiori. «Il Garante deve garantire diritti ai detenuti e il diritto all’ istruzione è forse quello più oltraggiato nelle carceri», commenta Marroni, che sottolinea il ruolo di supporto che i centri penitenziari devono avere nei confronti dei detenuti , non di ulteriore pena: «Spero che prevalga sempre di più l’idea che il carcere diventi una struttura riservata solo a cose estreme e che i reclusi possano scontare la loro pena- che deve essere scontata!- anche in altri modi, non necessariamente dall’interno delle galere».

Le discussioni dei tre laureati si sono concluse con voti alti e soddisfacenti e anche le discussioni non sono state da meno. Francesco De Masi, calabrese, si è laureato con 110/100 cum laude in Scienze del Turismo Culturale, con una tesi in Letteratura moderna e contemporanea dedicata all’abate Marino, un abate rivoluzionario, nemico del re, che fu imprigionato e che aiutò i suoi compagni a evadere, per seguire Garibaldi nella Impresa dei Mille: «Marino mi ha fatto riassaporare gli odori della mia terra, che, da qui dentro, avevo dimenticato. Avevo dimenticato che la Calabria avesse tre facce: Inferno, Purgatorio e Paradiso». Anche a Giuseppe Gambacorta, iscritto a Beni Culturali per operatori del turismo, è stato riconosciuto 110/110 cum laude , con una tesi su Cesare Pavese: «Tre le parole chiave analizzate in Pavese: solitudine, tempo e libertà. Tre parole care anche ai detenuti reclusi nelle carceri, ma una cosa mi separa da Pavese: per me il tempo non è quello della memoria, ma il presente. E la libertà per me non è nella morte (Pavese morì suicida), ma nella vita, che amo con tutto me stesso, anche se sono recluso». Il terzo, Francesco Zuccheroso, ha ottenuto 108/110, laureandosi con una tesi in Scienze del Turismo Culturale, con una tesi su Carlo Emilio Gadda: «Gadda ha cercato tutta la vita di dare un senso razionale a questa realtà, ma alla fine si è dovuto arrendere al suo caos. Un po’ mi ci rivedo».

Presenti all’evento anche il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi e il Sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri. «Giustizia e Miur stanno collaborando per la realizzazione di questi progetti anche all’interno di altri centri penitenziari- ha dichiarato Ferri- Bisogna garantire la certezza della pena ai cittadini, ma anche la rieducazione degli stessi, per permettere loro di rientrare in società in modo adeguato, permettendogli di conquistare gli strumenti per farlo».

Commenti positivi anche da parte di Toccafondi: «Questi progetti aprono il carcere alla realtà esterna; viene data una possibilità, una volta usciti, di rifarsi una vita e di stare allo stesso livello di chi è fuori». Presente anche il Provveditorato Regionale del Lazio, nella persona di Antonella di Paola: «Lo studio aiuta ad uscire dalla solitudine, creando quei punti di riferimento che vengono meno, quando si è carcere. Un detenuto non può essere punito due volte: essere introdotto in carcere e essere abbandonato».

10 luglio 2014

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