Quinson, da Wall Street al monastero

L’autobiografia di Henry, operatore finanziario conteso dalle banche internazionali che sceglie di lasciare i soldi e il lusso per fondare una missione in città di Marco Testi

Questo libro rischia di diventare un pugno nello stomaco non solo per quelli che ritengono ancora oggi il mercato fine a se stesso l’unico strumento di distinzione tra Occidente e barbarie, ma anche per coloro che reputano il cristianesimo parte integrante e acritica di questo sistema economico. Henry Quinson, protagonista dell’autobiografico “Dallo champagne ai Salmi”, compie infatti un viaggio scandalosamente (per i benpensanti) al contrario, passando volontariamente dalla ricchezza garantitagli dall’essere rinomato operatore finanziario alla povertà evangelica di un monastero cistercense.

Un bel giorno, l’uomo conteso a suon di milioni dalle banche internazionali si trova ad abbandonare tutto. Non è stato licenziato a causa del recente terremoto finanziario; ha semplicemente deciso che i soldi e il prestigio non sono tutto. Anzi. Si lascia soldi e bella vita alle spalle e va a «nascondersi» nel monastero di Tamiè in Savoia. Che ci sarebbe di più perfettamente romantico, di più genialmente accattivante di questa storia della ricerca del riparo alla fretta e al non senso della vita metropolitana? Eppure questo è solo l’inizio: Henry capisce che l’ombra del chiostro gli va ancora una volta stretta. Delirio estetico di chi non trova il sogno, perché il sogno non è mai realtà? Probabilmente, e più semplicemente, ricerca della propria missione tra gli uomini. Il protagonista scopre ben presto, dopo una serie di prove, che il suo posto è di nuovo in città, ma non più nell’aurea metropoli dei quartieri ricchi, ma nei dormitori delle città-confine tra Occidente e Islam.

Henry vuol fare qualcosa per togliere le armi dalle opposte fazioni del disprezzo dello straniero da una parte e dell’aggressività islamica dall’altra, mostrando semplicemente che il Vangelo può essere praticato senza anatemi e crociate. La fondazione coraggiosa (all’inizio sono in due) della Fraternità di Saint Paul è il passo decisivo. Un malridotto appartamento in un quartiere sottoproletario di Marsiglia è la pacifica trincea. La porta rimane sempre aperta per chiunque, senza limiti di estrazione sociale e di religione, e – ecco il riferimento a San Paolo – il missionario deve essere indipendente economicamente; deve guadagnarsi la giornata, e allora il monaco urbano si rimette in discussione, ricomincia a lavorare, non per il proprio benessere e successo, ma per essere come gli altri e per dare l’esempio a chi non crede nel lavoro onesto.

Il nuovo monaco d’Occidente sa a quali rischi va incontro, ma sa anche che non ci sono ormai zone meno rischiose di altre, perché la frontiera è il mondo, e la città è essa stessa terra di missione. È la semplicità l’arma segreta: «Abbiamo sempre voluto limitarci a una formulazione delle nostre scelte la più semplice possibile», dice l’autore. Così facendo, il ragazzo islamico che considerava «dannati» i cristiani, il laico che vede nella Chiesa solo la faccia del potere, sono costretti a rimettere in discussione le loro dolenti certezze e ad aprirsi alla speranza di una nuova comunità civile.

“Dallo champagne ai Salmi. L’avventura di un banchiere di Wall Street diventato monaco di periferia”, di Henry Quinson, San Paolo, 209 pagine, 18 euro.

15 dicembre 2009

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