Papi santi. La guarigione, all’improvviso: i racconti dei miracolati

Suor Caterina Capitani guarì per intercessione di Roncalli nel ’66. Floribeth Mora Diaz, costaricana, colpita da aneurisma cerebrale, sentì il 1° maggio 2011 la voce di Wojtyla: «Alzati, non avere paura» di Christian Giorgio

La voce è chiara, immediatamente riconoscibile. Le parole allontanano la morte e la sofferenza, sono un invito a fare la cosa più semplice e naturale che si possa chiedere a un uomo sano: alzarsi dal letto e camminare. Hanno questo in comune le circostanze miracolose che hanno portato alla canonizzazione Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II; i due Pontefici hanno parlato, e due donne sono state guarite. A raccontare i fatti sono state, nel corso di una conferenza stampa in Vaticano, suor Adele Labianca, consorella di suor Caterina Capitani che nel 1966 ricevette il miracolo da Papa Roncalli, e Floribeth Mora Diaz, guarita per intercessione del Papa polacco nel 2011. In un’atmosfera carica di commozione, le donne hanno ripercorso, davanti ai giornalisti di tutto il mondo, la storia di dolore e di salvezza di cui sono state testimoni.

Quarantacinque anni e più di 5mila miglia di oceano dividono i due racconti: Napoli e San José in Costa Rica. Nella città partenopea, suor Caterina, appena 23enne, a causa di gravi e ripetute emorragie gastriche si sottopose a un delicato intervento per l’asportazione di gran parte dello stomaco. Il decorso post-operatorio non faceva sperare nulla di buono, le sue condizioni peggiorarono a causa di una perforazione della parte residua dello stomaco. Per suor Adele, Caterina «era la mano, il sorriso e la carezza di Dio». Lavoravano entrambe all’ospedale pediatrico Lina Ravaschieri di Napoli prima che i dolori lancinanti piegassero la giovane donna allontanandola dai letti dei piccoli pazienti. Nel 1966 Papa Giovanni XXIII era morto già da tre anni, ma «sia prima che dopo la degenza – ha raccontato suor Adele – eravamo abituate a recitare il rosario in suffragio del Papa buono». Il 22 maggio, quando le speranze erano ormai perse, l’assistente provinciale delle Figlie della Carità, l’ordine di appartenenza di suor Caterina, andò a visitarla portando con sé una reliquia di Papa Giovanni XXIII. «Nella speranza che il Signore potesse venire incontro con la sua misericordia e il suo amore – ha continuato suor Adele -, la reliquia le venne posata sulla ferita». Tre giorni dopo, suor Caterina sentì la voce di un uomo che la chiamava: «Ora è tutto finito, tu stai bene e non hai più nulla». Quell’uomo era Papa Giovanni XXIII che, sorridente, diceva alla giovane donna: «Mi hai molto pregato e con te anche molte suore. Me lo avete proprio strappato dal cuore questo miracolo». Da quel momento in poi, suor Caterina riprese a mangiare tra l’incredulità dei medici che constatarono la guarigione senza riuscire a spiegarne le cause. La testimonianza di questa donna, morta nel 2010, «ci insegna – ha concluso suor Adele – che la vita di fede e dell’amore è impervia, ma dobbiamo percorrerla con audacia, come ha fatto il beato Papa Giovanni XXIII e come ci esorta a fare Papa Francesco nell’Evangelii gaudium».

Lo stesso amore, la stessa fede hanno contraddistinto la vicenda di Floribeth Mora Diaz, la 51enne costaricana presente alla conferenza stampa con il marito e i 4 figli. Nel 2011 i medici le comunicarono che una grave forma di aneurisma cerebrale, incurabile, l’avrebbe portata via all’affetto della famiglia in poco meno di un mese. Floribeth è precisa nel raccontare la sua vicenda, ricorda perfettamente date e stati d’animo ma non si è soffermata sui dettagli; quel che conta per lei è ciò che accadde il 1° maggio, giorno della beatificazione di Giovanni Paolo II. Erano le due del mattino in Costa Rica: «Ho acceso la televisione e ho visto Papa Benedetto XVI che portava la reliquia… E come mi ero svegliata, mi sono nuovamente addormentata». Dopo qualche ora, alle otto «mi risveglio sentendo una voce, nella mia stanza, che mi dice “Alzati, non aver paura”. Immediatamente i miei occhi sono andati su una rivista che era sopra al televisore sulla cui copertina c’era Giovanni Paolo II con le mani alzate, e le sue mani si sollevavano come a dirmi di alzarmi». Floribeth non ebbe esitazioni, a quella richiesta rispose subito: «Sì Signore!». Da quel giorno «mi ha tolto l’agonia e mi ha donato una pace, una pace che mi ha dato la certezza che ero sana» e di nuovo in grado di stare, nell’amore, accanto ai figli e al marito.

28 aprile 2014

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